Lo skipper Giovanni Soldini con il trimarano Maserati

Giovanni Soldini: «Maserati vince anche in mare». Il Tridente vola sulle onde

di Sergio Troise
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LA SPEZIA - L’appuntamento è a Porto Mirabello, Golfo dei Poeti, angolo di paradiso della Riviera di Levante. Giovanni Soldini è qui con Maserati, il trimarano che ha appena vinto a tempo di record (2 giorni, un’ora, 25 minuti e un secondo) la Rolex Middle Sea Race con l’ex navigatore solitario al comando di un equipaggio di sei uomini, tra i quali Pierre Casiraghi, primogenito di Carolina di Monaco. Lui ha l’aria scanzonata, ma rassicurante, del lupo di mare che sfida l’impossibile e te lo racconta come fosse il resoconto d’una gita domenicale.

Lei, la fantastica barca, sembra un mostro marino: è formata da tre scafi tenuti insieme da una struttura in fibra di carbonio, sviluppati in lunghezza per 21,2 metri, in larghezza per 16,8, con un albero alto ben 29 e un peso di 6,3 tonnellate (poco, in rapporto alle dimensioni). È un prototipo, in cui nulla è di serie e tutto è sperimentale, ad eccezione del motorino ausiliario per le manovre in porto: un modestissimo Lombardini alimentato a gasolio da appena trenta cavalli.

Per muoversi a bordo si cammina (a tentoni) su una sottile rete di nylon; sottocoperta si accede, tramite una scaletta, a una sorta di siluro a prova di test claustrofobico. Per il resto, un’essenziale strumentazione molto hi-tech e nulla di più: per volare sull’acqua è fondamentale limitare i pesi. Le uniche cose su cui non s’è lesinato sono le insegne di sponsor e fornitori: su tutte il tridente Maserati, ma anche Ermenegildo Zegna, UnipolSai, Boero (smalti e vernici), Contship (container) e, per la livrea, il Garage Italia di Lapo Elkann.

Il fratello John è invece l’armatore: il presidente di FCA ha acquistato il “mostro” in Francia, dal Gitana Sailing Team del barone Benjamin de Rothschild, avventuratosi nella costruzione di questo multiscafo di 70 piedi (progettato dallo studio Van Peteghem Lauriot-Prévost) con il proposito di farlo volare sull’acqua, ma fermatosi a metà dell’opera. Finché non è arrivato Soldini, con un po’ di quattrini, tante idee e una montagna di ambizioni.

Soldini, com’è nata questa nuova avventura con Maserati?
«In Francia volevano allestire un campionato monotipo per armatori straricchi e hanno immaginato di costruire sette unità, ma poi s’è fermato tutto. Così ho avviato una trattativa con Rotschild e dato anche una caparra. Grazie a John Elkann l’acquisto è stato perfezionato e ora con Maserati portiamo avanti l’ambizioso progetto».

A che punto siete?
«I francesi avevano fatto dieci uscite e si erano fermati. La barca non volava. Io ho messo un po’ di cose a posto e la barca ha cominciato a volare. Dopo l’oceano, siamo venuti in Mediterraneo e abbiamo vinto la Rolex Middle Sea Race, 608 miglia con partenza e arrivo a Malta, circumnavigando la Sicilia».

Com’è andata?
«Eravamo in lotta con il nostro rivale diretto Phaedo3, degli americani Lloyd Thornburg e Brian Thompson, ma avendo perso un timone, forse per l’urto contro un grosso pesce, la nostra regata era ormai compromessa. I nostri avversari, in vantaggio e con la vittoria in pugno, però hanno commesso un errore madornale: dopo Pantelleria avrebbero dovuto puntare su Lampedusa, invece hanno sbagliato isola e hanno virato su Linosa, perdendo almeno trenta miglia. Loro stessi hanno parlato di clamoroso autogol».

Vittoria fortunosa, dunque. Ma l’esperienza è stata utile?
«Certo. Vincere dà morale e lo sviluppo della barca procede bene. Stiamo già realizzando un altro timone, sempre in carbonio, con soluzioni innovative mirate ad evitare inconvenienti simili. Stiamo studiando qualcosa di paragonabile ad un airbag. Lavoriamo anche ad un piano velico diverso, con vele più piccole e meno tonde. Non sappiamo ancora bene a che cosa approderemo, ma una cosa è certa: in futuro le vele assomiglieranno sempre più a delle ali».

Volare sull’acqua è diventata una priorità?
«Sì, è in atto una rivoluzione e noi siamo protagonisti di questo cambiamento epocale. Quando il nostro multiscafo vola, ora poggia non più su due ma su tre foil (ali mobili a forma di C o d L, sottili come lame, che s’infilano in acqua e sollevano la barca, ndr). Il volo è stabile e raggiungiamo velocità di punta di 43/44 nodi. Ma la cosa incredibile è che nei test tra Sicilia e Sardegna abbiamo tenuto medie di 40 nodi. Roba mai vista finora con un multiscafo di 70 piedi».

Quali preferisce tra le barche tradizionali e questi multiscafi?
«Dipende da che cosa vuoi fare. Oggi la tecnologia sta facendo passi da gigante e credo che uno come me non possa sottrarsi. Nella carriera di un velista le cose cambiano. Che senso ha spendere 150 milioni e andare a dieci nodi? Una barca come Mascalzone Latino (vincitrice tra i monocarena, ndr) per noi rappresenta una boa attorno alla quale virare».

L’equipaggio quanto incide sullo sviluppo?
«Molto. Per fortuna dispongo di gente competente, che naviga, studia, costruisce e ripara. E il discorso riguarda sia i più giovani, come Pierre Casiraghi, sia vecchi lupi di mare come Jean Bart, un vero guru dei multiscafi».

E John Elkann come se la cava?
«È un appassionato, appena può viene in barca con noi e partecipa attivamente, da sportivo, com’era suo nonno. Una volta, con l’altra Maserati, mentre navigavamo in Atlantico per tentare il record Miami-New York, s’è tuffato in acqua in pieno oceano per salire su un’altra barca, a motore, con cui doveva raggiungere in fretta la costa per prendere un aereo».

Maserati fornisce collaborazione tecnica?
«Con Maserati ci accomuna il senso della sfida. Loro hanno vinto in Formula 1, ai tempi di Fangio, in epoca più recente hanno conquistato sei titoli nel FIA GT, con la MC12, sono stati i primi a cimentarsi con le auto a quattro porte ad alte prestazioni e ora scommettono sui Suv, con il Levante; noi stiamo rivoluzionando il modo di andare a vela con questo trimarano che vola».

Ma ci sono sinergie possibili?
«Si può interagire su alcune cose come i materiali. L’interrogatore di fibra ottica, ad esempio, ti dice come lavora il carbonio: Maserati sa cosa è e come funziona, noi no. Un altro campo da cui possiamo attingere è l’acquisizione dati. E poi, aerodinamica e idrodinamica rispondono allo stesso principio della fisica e tutto il know how proviene dal mondo dell’auto».

E le operazioni di co-marketing come funzionano?
«Quelle funzionano sempre. Soprattutto in posti come la Cina, dove un evento con noi può farti vendere venti auto in due giorni».
 

 

 

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Martedì 22 Novembre 2016 - Ultimo aggiornamento: 18:02 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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