La Ligier JS50

Nella tana delle microcar, visita agli stabilimenti di Ligier e Aixam, principali produttori di quadricicli

di Sergio Troise
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LIONE - Piccole, carine, agili, maneggevoli, le minicar sono diventate parte integrante del paesaggio urbano: pur non superando i tre metri di lunghezza e offrendo non più di due posti, assomigliano sempre più alle auto “vere”, spesso scimmiottandone lo stile e addirittura eguagliandole, se non superandole, in materia di finiture e dotazioni. Si muovono con disinvoltura nel traffico caotico delle città, spesso sono autorizzate a passare nelle ZTL e nelle corsie preferenziali; non mancano mai nelle aree frequentate dai giovanissimi, affiancando scooter e ciclomotori nei parcheggi vicini alle scuole, alle discoteche, ai ritrovi.
 

 

Si possono guidare infatti già a 14 anni, come i motorini, e ciò spinge molti genitori all’acquisto per i propri figli, ritenendo un veicolo a quattro ruote più sicuro di uno scooter o di un motorino, ancorché molto più costoso: i prezzi oscillano tra 8.500 e 16.000 euro e la clientela è dunque circoscritta a famiglie con buona capacità di spesa. «Roba per figli di papà» dicono i più caustici criticoni, contestando il ruolo delle minicar (o microcar) come strumento di riconoscibilità sociale e di life style. Ma un 20-30% del mercato è rappresentato anche da professionisti e anziani che incontrano difficoltà a guidare auto più grandi, senza dimenticare che c’è un mercato dell’usato più accessibile.
Una volta ci si poteva mettere al volante senza patente, poi la normativa è cambiata: da gennaio 2016 è obbligatorio superare visite mediche e prove teoriche e pratiche per conseguire la patente AM. Questione di sicurezza. Secondo il burocratese non sono minicar, come siamo abituati a dire, ma quadricicli, cioè ciclomotori a quattro ruote. E perciò devono rispondere a norme precise in materia di peso (425 kg in ordine di marcia), potenza (non superiore a 6 kW/7,4 cv), velocità massima (45 km/h).

Qualcosina in più è ammessa per i quadricicli pesanti, guidabili a 16 anni e con patente di categoria superiore (B1), che consente anche il trasporto d’un passeggero. Qui il peso massimo sale a 450 kg (600 per il trasporto merci), la potenza ammessa può raggiungere i 15 kW e la velocità massima può arrivare a 80 km/h. La normativa sulle emissioni prevede il rispetto dei limiti Euro 4, ma dal 2020 scatterà l’Euro 5. Per i costruttori, tutti concentrati sul diesel, un impegno gravoso, vista la cubatura ridotta e la necessità di contenere pesi e costi. C’è chi ipotizza una conversione verso i motori a benzina, ma intanto avanza l’elettrico, che già oggi ha un ruolo nel settore (nel 2016 gli EV hanno occupato il 25% del mercato, con 1.533 unità, e secondo gli analisti di Emisia potrebbero raggiungere il 33% entro il 2030). In Italia, dopo un lungo periodo di buio legato alla crisi economica, il comparto è in ripresa dal 2015, con un recupero del 64% negli ultimi due anni e un totale di 6.058 minicar immatricolate nel 2016.

«Ed è partito bene anche il 2017» informa L’Ancma, l’associazione confindustriale di categoria, specificando che la città italiana leader per la diffusione di minicar è Roma, con una quota del 15%, seguita a distanza da Milano (4%), Firenze (3,2%), Napoli (3%) e Catania (2,8%). Ma dove nascono questi gioiellini lillipuziani? Siamo andati a scoprirlo in Francia, nelle fabbriche di Aixam e Ligier, aziende leader in Europa e in Italia (un ruolo rilevante lo ricoprono anche Chatenet, Casalini, Bellier e Piaggio) e abbiamo toccato con mano una realtà sconosciuta ai più. Le fabbriche sono piccole e operano sotto capannoni adatti ad una produzione semiartigianale, ma scimmiottano la grande industria con l’automazione e con investimenti mirati su ricerca e sviluppo. Si vedono ancora saldatori e addetti a varie funzioni di montaggio, ma i robot hanno sostituito il personale in molte attività: in Ligier ce ne sono 60, a supporto di 250 operai, più 30 impiegati e 40 tra ingegneri e tecnici.

Del tutto simili, tra Ligier e Aixam, i sistemi di termoformatura, anche se lo stampo iniziale della prima è in alluminio, quello dell’altra in resina. I telai sono in alluminio e le carrozzerie in plastica vengono montate col sistema dell’incollaggio allo scopo di contenere il peso. «La procedura è simile a quella di BMW per la i3 elettrica» dice François Ligier, 37enne Ceo dell’azienda che porta il nome del nonno Guy, big della Formula 1 anni 70 (la monoposto che fu di René Arnoux dà il benvenuto all’ingresso dell’azienda).

Aixam, invece, fa parte del gruppo Polaris, specializzato in mezzi militari e veicoli da neve: ne sfrutta le tecnologie pur mantenendo la propria indipendenza. L’azienda ha due sedi produttive: una a Chanas (150 km da Lione) e un’altra a Aix Les Bains, in Savoia, dove vengono montati i motori. Due anche le linee di prodotto: una dedicata alla gamma Aixam, l’altra alla Minauto, marchio low cost del gruppo. “Ma un low cost made in France, noi non costruiamo in Romania come fa Renault con Dacia” fa notare il presidente Philippe Colançon, svelando che la grandeur francese può trovar posto anche nel piccolo mondo delle minicar…
 

 

 

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Mercoledì 26 Aprile 2017 - Ultimo aggiornamento: 23:29 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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