L'Alfa Romeo Giulia è prodotta nello stabilimento di Cassino

Romba il Biscione, è nata un'azienda tutta nuova ed un gioiello da un foglio bianco

di Giorgio Ursicino
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BALOCCO - «Perché sono tornato in Italia? Ditemi se nel mondo dell'auto c'è una sfida più ambiziosa di questa». Le poche parole dell'ingegner Roberto Fedeli, da qualche mese responsabile della progettazione di Maserati e Alfa Romeo, spiegano perfettamente l'enorme portata del “piano Alfa”, il successo del quale avrà ripercussioni importanti per il futuro di tutta Fiat Chrysler. Se la nuova Giulia e l'intero Biscione centreranno gli ambiziosi target (o perché no andranno oltre) affiancando i cugini del marchio Jeep sullo scenario globale, i risultati finanziari di Fca schizzerano in alto e ci saranno grandi vantaggi per il Pil e l'occupazione in Italia.
 

 

Sergio Marchionne, infatti, ha promesso che le Alfa (al pari dei gioielli del Tridente) saranno tutte made in Italy ed avranno una meccanica dedicata e la promessa è stata mantenuta visto che la berlina è nuova da cima a fondo, dall'architettura al powertrain, motori compresi. Sia il meraviglioso V6 della Quadrifoglio che i quattro cilindri 2.2 a gasolio (da 150 e 180 cv) fanno il loro esordio sulla Giulia, come non si sono mai visti finora i vari due litri benzina che presto arriveranno. Marchionne, si sa, è un finanziere abilissimo, ma è anche un manager dotato di determinazione e coraggio. Come pochi avrebbero accettato le incognite di rilevare la Chrysler per rilanciarla, quasi nessuno si sarebbe accollato l'impegno di far rinascere l'Alfa in una manciata di mesi. Eh sì, insieme a Giulia è nata la nuova Alfa, un'azienda che prima non c'era e che ora può contare su un'architettura all'avanguardia e una famiglia di propulsori con pochi rivali. Una “mission impossible” a lieto fine che ha fatto sgranare gli occhi a estimatori e avversari.


Per centrare un'impresa del genere serviva energia e lavoro, fantasia e creatività, grinta e spirito di sacrificio. Soprattutto serviva non sbagliare nemmeno una mossa poiché nei territori premium i clienti non perdonano nulla. Certo l'Alfa esisteva, produceva la Mito e la Giulietta, ma questo è un nuovo Biscione, ha la sua base operativa a Modena vicino alla Maserati e ha l'ambizione di riattivare una buona parte degli stabilimenti italiani. L'ingegner Galante (il capo delle fabbriche Emea di Fca) e la sua squadra hanno già riattivato Cassino adottando i criteri del Wcm voluti da Stefan Ketter, il numero uno della produzione dell'intera Fiat Chrysler. Nell'impianto laziale che già produce la Giulia si sta lavorando sulle linee che presto sforneranno il Suv Stelvio, poi il prossimo anno il terzo degli otto nuovi modelli che entro il 2020 saranno l'orgoglio italiano. Non è affatto escluso il coinvolgimento di Pomigliano e Mirafiori. Giulia era il primo passo, sicuramente il più importante, un'auto destinata a sbarcare in oltre cento mercati e di fare da biglietto da visita per il Biscione sia negli Stati Uniti che in Cina.


Non deve essere stato facile per il numero uno Harald Wester plasmare Giulia e ridisegnare l'azienda, ma ora la soddisfazione è chiaramente enorme. Sergio Marchionne in persona ha più volte scherzato sull'apparente follia del piano: la corsa contro il tempo, il lavoro notturno, l'approccio che di solito si utilizza in guerra quando il risultato prevede solo la vittoria. Il top manager a volte può sembrare esagerato («portatemi qui una Bmw, con la Giulia non c'è partita»), ma questa volta il suo modo di caricare la squadra ha dato dei frutti straordinari. Il piano era chiaro sin dall'inizio. Se L'Alfa è stata la mamma della Ferrari, questa nuova Alfa Romeo doveva nascere proprio dal grande spessore acquisito dal Cavallino negli ultimi decenni.

Non c'è nulla della Giulia progettato e prodotto a Maranello, ma i cromosomi della Ferrari sono scivolati lungo la Motor Valley per dare vigore al rinato Biscione. Senza sbandierarlo in giro, Marchionne a tempo debito ha fatto campagna acquisti interna (all'epoca Alfa e Ferrari facevano parte di Fiat) spostando i più bravi tecnici da Maranello a Modena, proprio per dare alla Quadrifoglio il temperameno dei Cavallini migliori. E chi conosce l'evoluzione delle Ferrari più recenti ritrova questo profumo nella nuova berlina. Oltre a Fedeli, anche il capo Wester è un ex ferrarista, ma soprattutto avevano dei ruoli chiave nella realizzazione delle vetture e dei propulsori a Maranello rispettivamente Philippe Krief e Gianluca Pivetti, due fra i tanti ingegneri che insieme a Wester hanno lavorato giorno e notte per dare vita ad un amore di Giulia.

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Sabato 21 Maggio 2016 - Ultimo aggiornamento: 08-06-2016 17:35 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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