La Suzuki Across

Across, l'ammiraglia “eco” di Suzuki. La casa di Hamamatsu fa l’esordio nella tecnologia plug-in, la ciliegina di una gamma ibrida

di Nicola Desiderio
  • condividi l'articolo

ROMA - C’era una volta un giovane carpentiere che voleva fare le automobili, ma si ritrovò a fare anche le moto, i motori fuoribordo e non solo. Eppure la storia iniziò con un telaio tessile ingegnoso grazie al quale le filatrici ebbero vita molto più facile per creare quei tessuti a righe e quadri per i quali la città di Hamamatsu era famosa a quel tempo. Li costruiva un’azienda nata nel 1920 per opera di tal Michio Suzuki, fondatore di una realtà che è retta ancora dalla sua stirpe e festeggia il suo primo secolo con la Across, la prima auto ibrida plug-in della sua storia. Ma che cosa c’entrano i telai con una multinazionale che oggi fattura oltre 28,5 miliardi di euro, produce 3 milioni di automobili, 2,2 milioni di motocicli e costruisce tra i migliori motori fuoribordo?

Di sicuro l’accostamento suggerisce la metafora della paziente tessitura industriale ambientandola nel Giappone del secolo scorso, dapprima agli albori dell’industria e poi proteso verso un’ascesa irrefrenabile nel quale la motorizzazione era, allo stesso tempo, sintomo e fattore di crescita economica. Suzuki iniziò nel 1952 con la Power Free, una bicicletta motorizzata con un piccolo monocilindrico da 36 cc, e nel 1955 apparve la prima auto: si chiamava Suzulight e aveva un 4 cilindri di 800 cc da 13 cv con soluzioni all’avanguardia come il basamento e la scatola del cambio in alluminio e lo sterzo a pignone e cremagliera.

In realtà, Michio aveva iniziato a lavorare alla sua prima automobile già nel 1937, ma il Giappone entrò in guerra e dovette aspettare altri 18 anni per inserire anche questo filo in un ordito che diventava sempre più grande arrivando fino all’Europa.
Così, quando nel 1963 Mitsuo Itoh divenne il primo e unico pilota del Sol Levante a vincere il Tourist Trophy all’Isola di Man (nella classe 50), sotto le sue terga c’era la stessa Suzuki che aveva trionfato un anno prima con Ernst Degner e si sarebbe ripetuta quello successivo con il neozelandese Hugh Anderson, confermatosi nello stesso anno campione mondiale anche nella classe 125. La casa di Hamamatsu ha vinto 15 titoli nel Motomondiale, dei quali 7 nella massima categoria e due di questi li deve a Marco Lucchinelli (1981) e Franco Uncini (1982). Nel 1968, mentre il mondo cominciava a muoversi, Itoh venne in Italia e stavolta tenne tra le mani non un manubrio, ma il volante di una Suzuki condividendolo nientemeno che con Stirling Moss, vincitore nel 1955 della Mille Miglia più veloce della storia (157,65 km/h).

I due percorsero l’Autostrada del Sole da Milano a Napoli alla media di 122,4 km/h con una Fronte SS, un’auto che noi italiani avremmo potuto confondere con una Fiat 850 lavata in acqua troppo calda. Era il preludio ad una presenza che sarebbe iniziata l’anno dopo a Torino, città che dal 2009 ospita anche il centro stile europeo e dove nel 1970 i giapponesi chiesero ad un certo Giorgetto Giugiaro di disegnare per loro la L40V, un van che in versione elettrica fu presentato in occasione dell’Esposizione Universale di Osaka.

Di fatto, è la prima auto di Suzuki ad emissioni zero. Con una ricarica faceva 50 km, meno dei 75 km che può percorrere oggi la Across con i 18,1 kWh della sua batteria prima di attingere al serbatoio di benzina da 65 litri. Lo stile non mente: la Across deriva dalla Toyota RAV4 in versione plug-in ed è figlia dell’accordo con il gigante di Nagoya che detiene il 4,95% di quote di Hamamatsu. La Across può contare su un 2,5 litri a benzina da 184 cv che, con i due motori elettrici da 134 kW e 40 kW, compone un powertrain capace di un connubio tra prestazioni e consumi di livello assoluto. Il Suv giapponese infatti ha oltre 300 cv, accelera da 0 a 100 km/h in circa 6 secondi e mezzo eppure dichiara emissioni per soli 22 g/km di CO2.
Il sistema di trazione integrale può trasferire fino all’80% della coppia alle ruote posteriori e il guidatore può scegliere diverse modalità per guidare in elettrico o in ibrido sfruttando tutti e 3 i motori in chiave sportiva o di efficienza, in base al percorso.

Solo tanta tecnologia può fare della Suzuki più grande – è lunga 4,63 metri – e prestazionale anche quella più rispettosa dell’ambiente. Una vera e propria ammiraglia presa in prestito per integrare una gamma già tutta ibrida, seppur con un tasso di elettrificazione nettamente più basso, ma pronto a salire molto presto con una station wagon full-hybrid e altre novità. Saranno loro a dire se, come in passato, la Suzuki ha telaio e filo per tessere il proprio futuro.

  • condividi l'articolo
Lunedì 8 Febbraio 2021 - Ultimo aggiornamento: 09-02-2021 08:32 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
COMMENTA LA NOTIZIA
0 di 0 commenti presenti