L’auto, soprattutto quella europea, sembra essersi infilata in un vicolo cieco. Una strada senza uscita. Eppure, era sul trampolino di un momento magico: elettrificazione, connessione totale, digitalizzazione, guida autonoma, intelligenza artificiale, c’era così tanta carne al fuoco da attendersi dei veri fuochi d’artificio. Il sogno non è certo tramontato, opportunità così rilevanti non evaporano in un attimo. La “transizione”, il cambiamento, hanno però agitato un settore un po’ chiuso in se stesso, con tanto Pil e tanta forza lavoro, ma con scarsi margini e pochi costruttori sul palcoscenico. Un comparto che non attirava molti investitori anche se aveva trovato un suo equilibrio parecchio stabile. Al massimo c’era qualche fusione o acquisizione.
All’improvviso, la tranquillità è saltata in aria come un tappo di champagne. Hanno imperversato inedite tecnologie a pioggia, in grado di attirare le più promettenti start-up e coinvolgere capitali che non s’erano mai visti in precedenza. L’era della mobilità del futuro, però, ha suscitato gli appetiti anche di inediti e ingombranti protagonisti. Da una parte, i decisori politici che, dove più dove meno, hanno individuato nei veicoli il testimonial perfetto per l’indispensabile cambio di passo. Visto che sulla faccia della Terra stiamo diventando tanti è necessario cambiare approccio nei confronti del pianeta, per rispettare l’ambiente e combattere i cambiamenti climatici con i relativi disastri che scatenano.
Dall’altra, potrà pure sembrare strano, la discesa in campo di un giocatore che così travolgente non si era mai visto. La Cina, la superpotenza emergente non solo dal punto di vista economico, ha individuato nei veicoli che garantiscono la mobilità, e in tutto il ben di dio che gli gira intorno, uno dei filoni su cui spadroneggiare. E, in un tempo molto breve, ha innescato una tempesta perfetta. Il più grande mercato del mondo, che vale più di America ed Europa messe insieme, i due baluardi storici da sempre protagonisti, smercia da solo quasi un terzo dell’intera produzione mondiale ed ha innescato un’industria all’avanguardia in grado di alimentarlo. Con un masso del genere, lo stagno non poteva non tracimare. Il meccanismo è andato in tilt.
In più, Pechino, che prima comprava auto di brand esteri, occidentali o orientali che fossero, si è messa in testa di esportare i propri mezzi realizzati con risorse spropositate che li hanno resi uguali, o migliori, della concorrenza. Vedendo l’aria che tira, tutte le case automobilistiche globali hanno investito centinaia di miliardi sull’auto senza emissioni ed ora, se non decolla sul serio, il problema è molto più rilevante delle multe che bisognerà pagare all’Unione Europea per non rispettare l’ambizioso rapporto elettriche-termiche stabilito a tavolino con troppa allegria.
In questo scenario alquanto cupo i gloriosi costruttori europei, mentre cercano di gestire le fabbriche in eccesso e l’occupazione esuberante in un mercato con il fiatone, hanno dato energia alla loro creatività e, un po’ in ritardo sulla tabella di marcia, stanno mettendo in strada vetture più adatte alle esigenze degli automobilisti dell’Unione. Veicoli migliori, più efficienti, che consumano meno e, soprattutto, hanno un prezzo inferiore. Non sarà la cura di tutti i mali, ma un contributo dovrebbero darlo, spingendo le vendite elettriche verso percentuali più care a Bruxelles. La svolta era attesa, programmata. Si sa che l’industria automotive ha tempi lunghi affinché i cambiamenti si concretizzano.
Non dobbiamo dimenticarci che le prime generazioni di vetture a batterie erano molto care, oltre che per la costosa tecnologia innovativa, perché erano tutti modelli di dimensioni importanti e, magari, anche di marchi premium. Ora stanno arrivando le auto di “taglia” europea proposte, sia dai costruttori continentali che prima stavano facendo i compiti, sia dai marchi cinesi che hanno molte frecce al loro arco. L’ondata che arriva ora, proposta sia da Stellantis che da Renault, vede modelli di lunghezza intorno ai quattro metri e dal listino che si spinge sotto i 25 mila euro. Anche il più grande Gruppo europeo, quello Volkswagen di Wolfsburg, che negli ultimi mesi ha una quota del mercato comunitario che si avvicina al 30%, sta preparando il suo ingresso e lo farà con i vari marchi a disposizione.
Ma è già in cottura un’offerta ancora più avanzata che dovrebbe portare i prezzi al di sotto dei 20 euro, quanto, più o meno, costa un’attuale citycar endotermica. Piano piano ci saranno più colonnine e i veicoli avranno un’autonomia più elevata, ma bisogna mettere in conto che, per viaggiare ad emissioni zero, qualche piccolo cambiamento del nostro stile di vita toccherà pure farlo: almeno per questo decennio, infatti, le operazioni di ricarica resteranno più complesse che fare il vecchio pieno di carburante. Un’altra tendenza sta emergendo sempre in Europa.
Visto che la transizione ecologica sarà probabilmente più lenta del previsto, sono stati rispolverati e aggiornati i veicoli termici, magari elettrificati con le diverse tipologie di ibrido: “mild”, “full”, fino ad arrivare al plug-in che, se usato con responsabilità, dà dei grossi benefici in termini di emissioni. Almeno dal punto di vista omologativo che è il parametro con cui dovrebbero essere applicate le salate sanzioni. Certo, perché una ricaricabile svolga le sue funzioni è necessario fare il pieno frequentemente alla batteria, altrimenti si spende solo di più e si porta a spasso peso. Le plug-in potrebbero fare da staffetta fra auto termiche ed elettriche in quanto tolgono l’ansia della ricarica, ma al momento, nonostante i numerosi modelli in listino, non sembrano avere più successo, ne in Italia ne in Europa.