Visione, leadership, qualità, eccellenza tecnologica. Su queste “milestones” affonda le radici la vigorosa crescita della BMW. Sia come prestigio e immagine, sia dal punto di vista delle vendite e fatturato (lo scorso anno per la prima volta sopra i 100 miliardi) che hanno portato la casa di Monaco a diventare un’autentica “venere” nel firmamento premium in tutti i continenti. «Non c’è premium senza sostenibilità», ha sentenziato recentemente il numero uno di Monaco Olivier Zipse per legare indissolubilmente il Dna dell’azienda alla transizione energetica. Una direzione che esalterà l’efficienza preoccupandosi del rispetto ambientale in tutto il ciclo dei veicoli: dalla scelta delle materie prime fino al riciclaggio finale, dopo aver sfruttato al massimo le componenti in tutto il loro percorso. Un approccio che guarda il futuro e il benessere dell’umanità, in cui il progresso del comportamento dei veicoli su strada è solo una parte.
Sorprendente storia quella dell’azienda controllata dalla famiglia Quandt che, tre anni fa, ha festeggiato il primo secolo di vita. Già nel 1917 produceva motori d’aereo, tanto che il marchio è un’elica con i colori bianco-azzurri della Baviera. Poi le due ruote e le auto da corsa che già prima della guerra dominavano la Mille Miglia: nel 1940 la 328 con motore di soli due litri vinse stabilendo il primato di velocità (166,723 km/h) rimasto sempre imbattuto. I grandi successi nella produzione automobilistica sono però recenti. Solo negli ultimi 50 anni la BMW ha fatto tanti passi avanti e nessuno indietro. La vera scalata verso l’Olimpo dell’automotive è iniziata negli anni Settanta. Chi vince non può limitarsi a guardare gli altri, deve essere apripista elaborando una strategia tutta sua. Per stare fra i migliori bisogna cavalcare l’innovazione e indirizzare il cambiamento anticipando le nuove tendenze.
Non tutti compresero quando, una quindicina d’anni fa, gli ingegneri, che erano il punto di riferimento assoluto per le performance, iniziarono a parlare dell’“efficienza dinamica”. Era la transizione energetica che iniziava. La mobilità sostenibile che scaldava i motori e, chi aveva le antenne giuste, già manovrava per imboccare la svolta. Nel motorsport ha vinto tutto, dalla F1 a Le Mans, con un autentico amore per le gare Turismo, quelle riservate alle vetture derivate dalla serie. E poi, una scuola di management senza pari. Massimiliano Di Silvestre, il manager (48 anni, nel 2001 era già in BMW) che da qualche giorno ha festeggiato un anno alla guida della filiale italiana, ci spiega come si sta organizzando il gigante di fronte ad un evento come la pandemia.
«Abbiamo un’idea molto chiara della mobilità sostenibile. Il nostro progetto è forte, abbiamo istituito un ufficio di protezione ambientale a Monaco già nel 1973. Allora in pochi parlavano di queste tematiche».
E poi?
«Dal 1999 siamo negli indici di sostenibilità del Dow Jones e dal 2001 pubblichiamo un rapporto sull’argomento. BMW è innovazione sempre accompagnata dalla visione».
Quando questa intuizione ha avuto riscontri sulle vetture?
«Nel 2007 sono partiti due progetti importanti. Il primo è il Project “i” che ha dato vita alla i3 nel 2013 e alla i8 nel 2014. L’altro è l’Efficient Dynamics: abbiamo rivisto tutta la tecnologia delle nostre motorizzazioni, delle nostre powertrain, tenendo presente l’efficienza».
Quali sono stati i risultati?
«Le emissioni di CO2 della nostra flotta sono state ridotte di oltre il 40% negli ultimi 13 anni. All’inizio di questa pandemia anche al tavolo Unrae, di cui sono orgoglioso di far parte, sono stato molto chiaro: possiamo parlare, possiamo chiedere sentendo le aspettative di tutti i colleghi, gli incentivi, un piano di proposte. Ma su una cosa andremo avanti senza esitazioni: noi rispetteremo tutti gli obiettivi di emissioni posti della UE anche nel 2020, con o senza covid».
Ci sarà un miglioramento significativo rispetto allo scorso anno?
«Lo ha detto anche il nostro ceo Oliver Zipse: grazie all’espandersi dell’elettrificazione e alla filosofia Efficient Dynamics, la CO2 scenderà del 20% rispetto al 2019».
Un argomento molto costoso?
«L’innovazione costa, lo sappiamo bene. Le nuove tecnologie sono fondamentali per il futuro della mobilità: entro il 2025 abbiamo annunciato che investiremo oltre 30 miliardi di euro in ricerca e sviluppo per consolidare la nostra leadership nell’avanguardia delle competenze».
Il progetto riguarda solo l’evoluzione dei veicoli?
«Certo che no. Per rispettare realmente l’ambiente dobbiamo incidere in ogni attività, dalla produzione al fine vita. Come gruppo abbiamo ridotto il consumo di energia della produzione del 40%, i rifiuti e le emissioni di CO2 del 70%. Non è un caso che da questo punto di vista siamo messi molto meglio della concorrenza».
Cosa cambia con l’avvento delle auto a batterie?
«L’attenzione sulla riduzione di CO2 si sposterà sul creare valore aggiunto a monte. Fino al 40% delle emissioni di un veicolo elettrico dipendono dalla produzione delle batterie. Questo è fondamentale: circa un terzo dell’inquinamento dell’auto dipende dai produttori della celle. È proprio qui che stiamo concentrando gli sforzi».
Come riuscite ad influire sui produttori delle celle?
«Abbiamo un accordo con i nostri fornitori che devono utilizzare solo energia verde per le celle per le batterie di quinta generazione».
Nel vostro network, invece, cosa cambia?
«L’esempio è la fabbrica di Dingolfing, la misura di come si sta trasformando l’apparato industriale. Lì produciamo auto termiche ed elettriche sulle stesse linee, realizziamo propulsori a scoppio evoluti, ad inquinamento zero e batterie. Il 10% della produzione dello stabilimento è già di vetture senza inquinamento e dal 2021 costruirà la iNext, l’icona dell’auto del futuro. Tutto sotto le stesso tetto. Questa è un metafora del cambiamento».
Cosa fate con il mild hybrid?
«La nuova Serie 5, che ha avuto aggiornamenti importanti, ha solo motori ibridi, plug-in o “mild” a 48 volt. È una tendenza».
Novità 100% elettriche?
«È stata presentata la nuova iX3 prodotta in Cina, a Shenyang. Poi, il prossimo anno, ci sarà la i4 che è un Gran Coupé prodotta nella fabbrica di Monaco e la iNext, una vettura molto innovativa anche dal punto di vista dell’abitabilità e del design che per noi è sempre stato strategico. La i4 porterà al debutto il marchio, bidirezionale e completamente trasparente. Considerando quanto siamo tradizionalisti su certe cose, è una svolta significativa».
Qualche altra chicca di questi nuovi gioielli?
«La nostra filosofia del cockpit rivolto al guidatore fa un salto in avanti sulla i4 con il grande display curvo. Il doppio rene, che non ha più funzione di raffreddamento, è una grande base per alloggiare telecamere, radar e sensori».
Qualcosa di emozionale?
«Il sound. La i4 ha un suono visionario sviluppato con Hans Zimmer. I veicoli elettrici BMW sono udibili grazie a mondi sonori unici che trasmettono leggerezza e trasparenza e sono modulabili».
Ci dice qualcosa di più sulle batterie?
«Il nostro approccio è essere protagonisti in tutta la catena del valore. Solo così si può indirizzare lo sviluppo e trarre i vantaggi più consistenti dove il progresso sarà enorme. Produciamo gli accumulatori nelle nostre fabbriche, a Dingolfing in Germania, Spartanburg in Usa e Shenyang in Cina, ma progettiamo quelle che acquistiamo dai nostri fornitori che sono la cinese Calt, la coreana Samsung e l’europea Northvolt. In più, insieme a loro, contribuiamo allo sviluppo delle celle: è l’unico modo per controllare i progressi nella riduzione di CO2, essere protagonisti e non spettatori».
Come vi state muovendo?
«Abbiamo aperto un centro di competenza per le batterie a Monaco alla fine dello scorso anno, sono stati investiti 200 milioni e creati 200 posti di lavoro. Nei giorni scorsi è stata annunciata la costruzione di un impianto pilota a Parsdorf che seguirà tutto il ciclo di produzione, dalla scelta dei materiali tipo il litio e il cobalto in giù. Nel 2030 gli accumulatori avranno la densità energetica doppia rispetto all’attuale. La partita del CO2 si vince giocando a monte».
Questo dunque sarà il cuore delle auto elettriche?
«Certo. Come il propulsore tradizionale lo è stato nell’era delle termiche, gli accumulatori di energia lo sono ora. E per noi è strategico esserci, non può essere una variabile esterna, non siamo un’azienda di design. Per far questo investiamo il 6%-7% del fatturato l’anno in ricerca e sviluppo, circa 6 o 7 miliardi».
Quali altre innovazioni recenti favoriscono l’utilizzo dell’auto?
«Tante. Mi viene in mente la funzione che consente di usare l’iPhone come chiave per entrare nell’auto ed avviare il propulsore. Oppure quella che, se ci sono zone a traffico limitato, fa muovere la BMW plug-in automaticamente in modalità elettrica. Gli ultimi modelli possono viaggiare per 100 km a zero emission».
Basterà l’arrivo di questi modelli tecnologici per promuovere rapidamente la mobilità sostenibile?
«No. Serve un piano strategico e organico che preveda la diffusione dei punti di rifornimento. È inutile incentivare prodotti che si fa difficoltà ad utilizzare, anche il piano prodotto migliore faticherebbe ad affermarsi».
MILLERUOTE
di Giorgio Ursicino
Venerdì 25 Settembre 2020 - Ultimo aggiornamento: 26-09-2020 19:15
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