BRUXELLES - Fondamentali per salvaguardare la salute delle persone e tutelare l’ambiente, i veicoli elettrici possono aiutare l’Europa ad accelerare sulla via dell’indipendenza dai combustibili fossili russi nel mezzo dell’attuale crisi energetica. È quanto emerge dall’indagine condotta dall'agenzia Ansa in collaborazione con le agenzie francese AFP, tedesca DPA, romena Agerpres, olandese ANP e svedese TT per lo European Data News Hub (EDNH), il sito multilingue di riferimento per il data journalism sulle tematiche Ue, in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente. Tra martedì e mercoledì il Parlamento europeo si appresta a licenziare il pacchetto Fit for 55 per tagliare le emissioni di gas serra, esprimendosi anche sullo stop alla vendita di auto benzina e diesel dal 2035. Un voto che, ha preannunciato la presidente Roberta Metsola, sarà «decisivo».
Per l’Italia la spinta ai veicoli elettrici porterebbe grandi benefici: il nostro Paese detiene il record nero di morti premature dovute al diossido di azoto (NO2): 10.640 nel 2019, stando all’Agenzia europea dell’ambiente. Cremona e Vicenza siano tra le cinque città europee con i più alti livelli di inquinamento da particolato sottile (PM2.5), ed è di poche settimane fa la sentenza della Corte Ue che dichiarava il mancato rispetto, «sistematico e continuativo», del valore limite annuale fissato per il biossido d’azoto e la mancata adozione di misure per prevenire il problema. Tra le zone ‘incriminatè, gli agglomerati di Torino, Brescia, Milano, Bergamo, Genova, Roma e Firenze. Ma i trasporti sono un settore chiave anche per la transizione verde. A oggi almeno il 25% di tutti i gas serra in Europa proviene dai trasporti. Per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, l’Ue ha preparato il pacchetto Fit for 55 che - tra le altre cose - prevede che nel 2030 le case automobilistiche debbano ridurre le emissioni delle auto nuove del 55% e nel 2035 del 100%.
I veicoli elettrici migliorano la qualità dell’aria grazie alle emissioni inferiori, ma tutti hanno un’impronta di carbonio se non altro legata al processo di produzione e a quello di riciclo dei materiali. In questo senso, il nuovo regolamento Ue sulle batterie dovrebbe garantirne la sostenibilità sociale e ambientale. Secondo un recente studio commissionato da T&E a Bloomberg New Energy Finance, la parità di costo di produzione tra un veicolo elettrico e uno tradizionale sarà raggiunta intorno al 2026 per la gran parte dei segmenti. Inoltre, agevolazioni fiscali, schemi di rottamazione e sussidi rendono l’acquisto più conveniente. In Italia, le immatricolazioni di veicoli elettrici nel 2021 sono state 137.283 (oltre il 9% delle vendite totali). Attualmente sono 225mila i punti di ricarica in tutta Europa, secondo l’Acea, un numero ancora lontano dall’obiettivo del Green Deal europeo di 1 milione di punti di ricarica entro il 2025 e 3,5 milioni entro il 2030. Ma, secondo i dati di Motus-E, nel 2021 i punti di ricarica in Italia sono aumentati del 35% rispetto al 2020: al 31 dicembre 2021 risultavano installati 26.024 punti di ricarica e 13.233 infrastrutture (stazioni o colonnine) in 10.503 luoghi accessibili al pubblico.
Nel 2017 l’Ue ha lanciato la European Battery Alliance (Eba) per produrre le batterie agli ioni di litio che alimenteranno la transizione dai combustibili fossili ai veicoli elettrici. Attualmente ci sono sei gigafactory che operano nell’Ue e altre 30 sono previste per il 2025-2030 per spingere una produzione che fin qui rappresenta solo l’8% della quota mondiale, passando da 62 GWh a 664 GWh entro il 2030. L’Italia dovrebbe avere almeno tre gigafactory entro la stessa data: FAAM/FIB a Monterubbiano (Marche), ACC Italy a Termoli (Molise) e ITALVOLT a Scarmagno (Piemonte), per un totale di 94 GWh. Tutti dati che dimostrano come la rivoluzione verde dei trasporti sia appena iniziata.