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TOKYO - Secondo anno consecutivo in perdita per Nissan, con la pandemia del coronavirus che accentua ulteriormente la crisi in cui versava la terza casa auto nipponica, in concomitanza con l’arresto dell’ex presidente del gruppo, Carlos Ghosn, nel novembre 2018. Per l’anno fiscale in corso Nissan prevede un rosso di 670 miliardi di yen, l’equivalente di 5,44 miliardi di euro, con una riduzione del fatturato del 21%, conseguenze di immatricolazioni sempre più ridotte a livello globale, pari a 4,13 milioni di autoveicoli. «Sarà un anno estremamente difficile, con le vendite sul mercato Usa particolarmente deludenti. Possiamo solo sperare in una ripresa nel quarto trimestre», ha detto l’amministratore delegato Makoto Uchida durante una conferenza online.
Per il periodo da aprile a giugno Nissan ha registrato un rosso di 286 miliardi di yen; si tratta della prima perdita su base trimestrale dalla crisi finanziaria del 2009, in seguito al tracollo della banca d’affari Lehman Brothers. Lo scorso maggio, alla presentazione del piano aziendale fino al 2023, la casa auto aveva annunciato un drastico ridimensionamento dei costi del valore di 300 miliardi di yen rispetto al 2018, e la chiusura degli stabilimenti di Barcellona e in Indonesia, assieme alla riduzione della capacità produttiva annuale del 20%. Ancora prima dell’emergenza sanitaria Nissan si era confrontata con una repentina crisi di fiducia del marchio dopo lo scandalo in cui era rimasto coinvolto l’ex numero uno Ghosn, accusato dalla giustizia giapponese di una serie di illeciti finanziari, e il successivo raffreddamento dei rapporti tra i vertici dell’alleanza con la partner francese Renault. L’ex tycoon, fuggito in Libano lo scorso dicembre, ha sempre sostenuto di essere vittima di un complotto ordito da alti dirigenti di Nissan.
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