Massimo Roserba, direttore generale di PSA Italia

La nuova sfida di Psa Italia, diventare leader tra i costruttori esteri

di Giampiero Bottino
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MILANO Un uomo nuovo al comando delle operazioni italiane del gruppo Psa. E, per la prima volta da tempo immemorabile, non si tratta di un francese, ma di Massimo Roserba, manager nato 48 anni fa a Pescara che, dopo una lunga militanza alla corte di Marchionne, ha accettato la proposta di Carlo Tavares.
«Due autentici numeri uno – dice Roserba – diversi per carattere, ma accomunati dal carisma, dalla determinazione e dalla capacità di guardare lontano. Di Tavares, in particolare, mi ha colpito come ha rigirato l’azienda in pochissimo tempo, trasformandola in una realtà ambiziosa e dinamica, organizzatissima a con processi molto ben strutturati».

Si può dire che il nuovo direttore generale sia sbarcato nella sede milanese di Psa Group Italia con il compito di suonare la carica, in sintonia con l’aggressivo piano strategico “Push to pass” che Tavares ha varato per il periodo 2016-2021 dopo la conclusione anticipata (2 anni rispetto i quattro previsti) del piano precedente “Back to the race”, che era finalizzato a ridare spinta e fiducia a un gruppo apparentemente in crisi irreversibile e a porre le basi per la successiva riscossa, partendo dagli otre 3 milioni di auto consegnate nel 2015 (750.000 in Cina).

«L’attenzione al prodotto – sottolinea Roserba – che non è mai venuta meno neppure nei momenti più bui subirà un’accelerazione in autunno, con l’inizio di una forte offensiva di prodotto» che nell’orizzonte temporale del piano porterà sul mercato globale – nelle intenzioni di Tavares c’è anche il ritorno del gruppo negli Usa – 34 novità tra automobili (26) e veicoli commerciali. Un dato che equivale al lancio di un nuovo prodotto all’anno per ogni marchio e per ogni regione. Con una spiccata attenzione per le nuove frontiere della mobilità, come conferma il previsto lancio di 7 veicoli ibridi, tra standard e plug-in, e di 4 modelli elettrici puri, nonché l’implementazione dei programmi riguardanti la connettività e la guida autonoma.

È il presupposto fondamentale per attuare il piano «Push to pass», che per la divisione auto prevede un margine operativo medio del 4% nel periodo 2016-18, da portare al 6% nel triennio successivo. Analoghe le scadenze per quanto riguarda l’andamento del fatturato, destinato a crescere dapprima del 10%, poi di un ulteriore 15% entro il 2021.

In Italia i progetti sono in linea con le ambizioni generali del gruppo: «Intendo fare di Psa – afferma il nuovo dg – il primo gruppo estero sul nostro mercato». Proposito tanto chiaro da enunciare quanto impegnativo da realizzare, visto che per insediarsi alle spalle dell’irraggiungibile Fca Group, che vale quasi un terzo del totale, bisogna scalare delle vette al cui confronto l’Everest sembra una modesta collina. In base ai dati ufficiali del primo semestre 2016, infatti, davanti al gruppo Psa che per quanto riguarda le autovetture detiene l’8,8% di quota ci sono i connazionali di Renault con il 9,49% e soprattutto un’autentica corazzata come il gruppo Volkswagen, la cui galassia vale complessivamente il 12,8% delle vendite totali.

Una sfida quasi temeraria che il manager abruzzese affronta con l’ottimismo dettato dalla consapevolezza si poter contare su una squadra agguerrita e motivata e su tre marchi diversi e complementari, in grado di soddisfare un ampio ventaglio di clienti: «Peugeot rappresenta la tecnologia “calda” al servizio del cliente, che trova il suo esempio più significativo nell’innovativo i-cockpit; Citroën si rivolge a un target non convenzionale, pronto ad accogliere nuove idee e sensibile alla tecnologia facile e intuitiva; DS si inserisce in un mercato premium dove crediamo ci sia spazio per il lusso alla francese, senza più alcun riferimento a Citroën, anche se il distacco completo arriverà con le nuove DS in arrivo dal 2018».

Sarà il momento in cui la marca più giovane del gruppo potrà abbandonare il ruolo di cenerentola nel quale oggi la relegano i numeri, che in Italia le attribuiscono lo 0,2% di share, rispetto al 3,4 di Citroën e al 5,2 di Peugeot. I margini di crescita non mancano, ma non potranno prescindere dalla rete, oggi composta da 240 punti vendita, di cui solo il 25% bi-brand. «Anche i dealer – conclude Roserba – dovranno fare il cambio di passo per il quale potranno contare sul nostro supporto».
 

 

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Mercoledì 10 Agosto 2016 - Ultimo aggiornamento: 15-09-2016 12:42 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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