«Questi due mesi ci hanno aiutato a crescere sviluppando una tipologia di gestione del cliente che sarà sempre più importante per il futuro, ma oggi l’obiettivo è riportare il cliente in salone». Domenico Chianese è l’amministratore delegato di Carpoint, uno dei concessionari più grandi in Italia che da oggi riaprono i battenti avendo di fronte nuove sfide e nuove consapevolezze.
Che cosa avete fatto in questo periodo di chiusura?
«Ho ancora in mente l’11 marzo quando tutti i saloni sono stati chiusi ed è iniziato il lockdown. Abbiamo mantenuto la parte di assistenza che era considerata un’attività emergenziale. Dopo il 23 abbiamo mantenuto il telefono operativo e garantito l’assistenza attraverso 4 o 5 officine autorizzate in tutta Roma. Abbiamo gestito così le emergenze».
Questo per l’assistenza. E per la vendita?
«Abbiamo lavorato molto nella gestione in remoto. Da tempo avevamo già una struttura per gestire i contatti generati da varie fonti, specialmente digitali e web, e stabilire appuntamenti in salone. In questa fase non potevano venire, ma gli abbiamo dato un servizio di preventivo online che si è sempre di più affinato fino ad avere videochiamate con chat anche con invio di video di prodotti specifici anche per la vettura usata».
Vi siete limitati solo a mantenere i contatti o siete andati oltre?
«Abbiamo fatto anche contratti, alcuni fermando la vettura con un acconto, altri ancora finalizzandoli completamente con il saldo. Oggi abbiamo questa possibilità attraverso una tecnologia che riconosce la conclusione del contratto in maniera digitale con tutta la formalizzazione del pagamento, dell’immatricolazione e – volendo – anche la consegna a domicilio. Di queste ne abbiamo fatte poche, ma stiamo comunque acquisendo know-how su qualcosa che prima aveva un’importanza residuale».
Come si conquista e si tratta il cliente e distanza?
«Sta funzionando molto bene il servizio per dare informazioni al cliente che sta sul divano di casa con il suo tablet. Abbiamo iniziato con le videochiamate con chat, poi ci abbiamo aggiunto il mirroring del sito di Carpoint per configurare insieme a lui la vettura in modo trasparente. Dopodiché possiamo procedere alla scelta della vettura e a tutte le altre fasi come il preventivo. Se il cliente ha una permuta, ci può mandare le foto della vettura così che riusciamo a fare una valutazione attendibile del suo usato».
Di quanti clienti stiamo parlando?
«All’inizio generavamo 20-25 lead o potenziali clienti al giorno e siamo arrivato a 55-60 nell’ultimo periodo, tra nuovo e usato. Il 30-40% di questi contatti li finalizziamo con un preventivo. Gli altri dobbiamo continuare a coltivarli».
E ora che cosa contate di fare?
«Ora dobbiamo cercare di finalizzare tutti i contatti che abbiamo generato e non sono stati finalizzati. L’obiettivo è far sapere loro che Carpoint è come la propria casa: pulita, sanificata, sicura così che possono venire da noi con la massima serenità. Abbiamo sanificato tutta l’azienda e continueremo a farlo ogni giorno, anzi ogni collaboratore con una scrivania deve sanificare il suo ambiente di lavoro ogni ora. Anche per l’assistenza abbiamo messo in piedi un processo per cui la vettura viene sanificata al suo arrivo in officina e poi di nuovo di fronte al cliente quando viene ritirata».
Il rapporto con il cliente è cambiato durante una situazione eccezionale. Questo cambiamento sarà definitivo quando si tornerà alla normalità? Il modo di vendere della automobili sarà mutato o no?
«Secondo me si tornerà più o meno alla situazione che avevamo prima. Quello che ci sarà inizialmente, così come in tutte le attività commerciali, è la sensazione di diffidenza da parte del cliente nei confronti del negozio. È importante che lui si accorga che il negozio dove si reca offre un livello di sicurezza che lo rendono sereno anche nel contatto. Di certo il venditore avrà la mascherina e lo schermo di plexiglass e non ci potranno essere quelle abitudini che solitamente accompagnano queste situazioni, come il prendere insieme un caffè. Fondamentalmente, dobbiamo convincere il cliente che può venire da noi a comprare una vettura o a fare assistenza trovando il massimo della sicurezza dal punto di vista sanitario».
Che cosa invece avete fatto per sostenere la vostra organizzazione in questo periodo?
«Abbiamo avuto un’attenzione maniacale nei confronti dei nostri dipendenti con i quali abbiamo già vissuto il periodo di crisi tra il 2011 e 2012. Abbiamo cercato di fare il massimo per la loro sicurezza, sia sanitaria sia economica. Abbiamo potenziato lo smart working, attivato 9 settimane di cassa integrazione e l’abbiamo completata anticipando la 14ma in due tranche. Per i venditori a partita IVA abbiamo messo a disposizione anticipi provvigionali e di cassa. Abbiamo poi fornito ogni dipendente di tutti i migliori supporti di protezione e per l’apertura del 4 maggio abbiamo messo in piedi i controlli sierologici per ogni dipendente e la verifica della temperatura attraverso termoscanner due volte a settimana».
Che cosa hanno comprato in questo periodo i clienti? Compreranno automobili diverse dopo questa crisi o anche in questo caso torneremo ad una situazione di normalità molto simile a prima?
«Secondo me continuerà come prima. Abbiamo cominciato con Ford il lancio della Puma che è venduta ibrida per l’80-90% dei volumi. L’attenzione a vetture di questo tipo è molto alta, ma vendiamo anche benzina e diesel Euro6 che sono tecnologicamente evolute che oggi circola in Italia. Ricordiamoci che oltre il 50% del circolante è ante Euro4. E poi anche l’usato va molto bene, soprattutto quello con 1-3 anni di vita di rientro da forme di finanziamento».
Dunque l’usato può essere una grande risorsa in un momento come questo?
«Sì, soprattutto se cala il potere di acquisto. Per un cliente passare in ogni caso da un’auto che ha più di 10 anni ad un usato Euro6 di 2 anni è comunque un salto notevole, per tecnologia, sicurezza, consumi ed emissioni. Noi vendiamo il nostro usato con minimo 3 anni di garanzia dunque come nuovo a tutti gli effetti. Sono convinto che, soprattutto con il calo della disponibilità economica, l’usato possa rappresentare un’opportunità importante».
Carpoint è storicamente Ford, ma ora è anche Volkswagen. Che cosa cambia?
«È un marchio importante, una garanzia di volume e di affidabilità. Due anni fa abbiamo rilevato Area Motori che operava per Volkswagen su Roma da 5 anni e ora ne cambiamo il nome in Carpoint. La gamma prodotti è molto simile a quella di Ford, ma i clienti sono diversi. Inoltre siamo l’unico concessionario Volkswagen a Roma che fa vendita e assistenza per i veicoli commerciali e abbiamo in tutto 4 impianti. Il più nuovo è sulla Pontina, dove abbiamo anche il nostro centro usato più grande: uno showroom di 800 mq interamente dedicato a Volkswagen, molto bello che avremmo dovuto inaugurare il 15 marzo. Sostanzialmente lo apriremo oggi».
Come vede il mercato nei prossimi mesi?
«Dipende. Io spero fortemente che siano accolte le richieste di Unrae e Federauto. Servono incentivi per una fascia più ampia di auto e per tutte le vetture in stock. Il vero problema dei 1.500 concessionari in Italia è che si ritroveranno in casa vetture già fatturate che dovranno essere vendute il più velocemente possibile.
Dunque lei condivide le richieste fatte al Governo…
«Sì, bisognerebbe allargare gli incentivi a vetture che emettono più di 60 g/km di CO2, quindi non solo elettriche e plug-in hybrid che oggi rappresentano il 5-6% del mercato. Spingere solo queste non ci aiuterà per niente».
A prescindere da questo, secondo lei le persone torneranno ad acquistare automobili in un tempo ragionevolmente breve o la crisi avrà una lunga coda?
«Temo che ci sarà una coda lunga. Qualora non ci siano incentivi, la stima del mercato è intorno a 1 milione e 250mil, lo stesso livello che abbiamo avuto nel 2013 in Italia e ci sono voluti 4-5 anni per riportare il mercato a 1,9 milioni nel 2018. Quello è un livello minimo per il business dell’automobile in Italia. Il mio timore è che, se non si mettono in piedi meccanismi di incentivazione che stimolano la clientela a cambiare automobile, avremo 3-4 anni di risalita molto lenta».
E questo che conseguenze potrebbe portare?
«Ad un situazione che condiziona l’equazione di business di qualsiasi imprenditore. Oggi i concessionari hanno una struttura di costi per un mercato da 1,9 milioni. Se andiamo di nuovo ai livelli del 2013 la struttura del business va ripensata».
In ogni caso, la sento moderatamente ottimista…
«Sono convinto che la mobilità privata avrà un valore perché il trasporto pubblico marcerà a volumi ridotti. Ci sarà da parte dei clienti comunque la volontà di avere un’auto privata e funzionante e questo vuol dire che dovranno acquistare una vettura, nuova o usata, e passare in officina per tenerla in efficienza. Bisognerà capire quale sarà il potere d’acquisto effettivo delle persone».