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SANT’AGATA BOLOGNESE - Automobili nate per correre, persino troppo feroci e potenti per esprimere il meglio di sé sulle strade aperte al traffico e controllate da tutor e autovelox sempre più sofisticati. I clienti Lamborghini amano la pista, e il costruttore asseconda le loro preferenze non solo con i poderosi 10 e 12 cilindri che rombano nel cofano delle Huracán e delle Aventador stradali, ma anche con vetture ottimizzate per l’impiego in circuito sotto l’attenta regia dei tecnici della Squadra Corse. E, dettaglio tutt’altro che secondario, affinando le loro capacità di guida con iniziative come la Lamborghini Accademia e la Lamborghini Esperienza che aiutano a prendere confidenza con motori da oltre 700 cv e con i segreti della guida in circuito. L’impegno agonistico trova espressione nel Super Trofeo monomarca per il quale è nata la Huracán Evo appena svelata, e nel campionato multimarca con la Huracán GT3.
Ma un pensierino alla F1?
La risposta di Stefano Domenicali, approdato al gruppo Audi dopo una lunga e fruttuosa esperienza in Ferrari e dal 2016 presidente e ad Lamborghini, è laconica ed esplicita a un tempo: «Il motorsport per il nostro marchio è un autentico pilastro e lottiamo per la vittoria in tutti i campionati GT3. Ma la F1 non rientra nelle nostre priorità».
Siete pronti alla “priorità” del 4 dicembre?
«Stiamo preparando con grande impegno e con l’entusiasmo che caratterizza chiunque lavori in Lamborghini il lancio del primo Suv ad altissime prestazioni. Perché l’Urus è una Lambo in tutto e per tutto, capace di dare grandi soddisfazioni agli amanti della guida sportiva ma anche adatto all’uso quotidiano. Un’auto ispirata ai pilastri del marchio, e cioè design, innovazione, performance ed emozione».
Come vivete questa vigilia?
«Con la giusta tensione. Siamo pienamente consapevoli di dover affrontare nuovi clienti, nuovi mercati e nuove sfide. Sappiamo che per noi sarà importante garantire ai clienti in diverso livello di servizio. Ma questo non ci spaventa, perché sentiamo l’obbligo di dover sempre offrire un prodotto qualitativo, e Urus non fa eccezione».
Vede dei mercati privilegiati per Urus?
«No. Credo che possa incontrare un’accoglienza positiva in tutti i mercati nei quali siamo presenti, che sono una cinquantina. Anzi penso che un prodotto come questo possa contribuire ad aprirci nuovi sbocchi. Penso soprattutto alla Russia e all’India, ma ci sono anche altre aree in cui possiamo cogliere delle interessanti opportunità».
Quali sono i vostri mercati principali?
«Al primo posto restano sempre e saldamente gli Usa, dove nel 2016 abbiamo consegnato più di mille vetture, più di un quarto di tutte le nostre vendite».
Sul podio manca la Cina?
«L’anno scorso abbiamo conquistato 160 clienti, Pensiamo di poter fare meglio, e stiamo comunque crescendo anche se siamo operiamo in un settore, quelle delle vetture superlusso, che appare in arretramento».