Laurens Van den Acker (Renault)

Van den Acker (Renault): «Questa Clio è la più maschile di sempre senza perdere l'anima femminile, l’IA è la nuova frontiera del design»

di Michele Montesano
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MONACO DI BAVIERA – Con la sesta generazione, Renault Clio apre un nuovo capitolo della sua storia. Tra sportività, tecnologia ed emozione, l’ultima nata della Casa della Losanga non perde però il filo diretto con la sua storia. Laurens Van den Acker, Chief Design Officer del Gruppo Renault, ha voluto raccontarci le scelte stilistiche e filosofiche che hanno guidato il progetto, dall’evoluzione del linguaggio formale fino al ruolo dell’Intelligenza Artificiale nei processi creativi. Ne emerge il ritratto di una vettura che non rinnega le proprie radici, ma le arricchisce di nuovi significati per affrontare il futuro dell’automobile.

Quali sono le novità della sesta generazione della Clio?

«Ci sono elementi rivoluzionari di design sui quali dobbiamo concentrare l’attenzione. Personalmente la mia storia con la Clio è iniziata con la quarta generazione, quella fatta per il mercato italiano: appassionante, rossa, scintillante e, oserei dire, sexy. Con Clio 5 invece c’è stata una rivoluzione più profonda, sulla qualità e sull’omogeneità della vettura: il design, il comportamento del motore, la guida, la qualità percepita dentro e fuori. Con questa sesta generazione non potevamo che migliorare ulteriormente».

Eppure la Clio attuale è già un successo. Come si fa ad andare oltre?

«In effetti ci siamo chiesti come fare. Abbiamo spinto sulla sua sportività, sul design visto come un emozione, oltre che sulla tecnologia. Perché per molto tempo design e tecnologia erano inconciliabili: la tecnologia passava quasi in secondo piano perché complicava la vita. Oggi invece la semplifica, la rende più fluida, ti connette, ti protegge, ti stimola».

Come avete reso visibile questa nuova tecnologia?

«Cercavamo un modo per valorizzarla. E così abbiamo creato una combinazione unica: da un lato una carrozzeria scultorea e sensuale, dall’altro elementi tecnologici trattati come oggetti, netti, quasi come un obiettivo fotografico. Il contrasto tra scultura e tecnologia, tra artigianato e futuro, tra passione ed emozione da una parte e razionalità dall’altra, rende la nuova Clio molto interessante. Non dimentichiamoci che le auto sono sempre più care, quindi bisogna dare un motivo valido ai clienti per acquistarle».

L’automobile non è più solo un oggetto ma anche una vera e propria opera d’arte?

«Esatto. Forse è una visione un po’ troppo filosofica, ma ce lo possiamo permettere. Con questa Clio abbiamo dimostrato che si possono fare hatchback molto belle. E questo è importante, perché il segmento B è in crescita. Una Clio può quasi diventare un’auto per tutta la famiglia».

Sul piano di design, cosa introduce di nuovo questa generazione?

«Abbiamo eliminato le modanature cromate e in plastica: è una scelta audace, che rende l’oggetto più seducente. Abbiamo anche allargato le carreggiate per darle una postura più matura. La Clio sta “maturando” bene, è credibile e chi la sceglierà sarà soddisfatto».

Per lei la Clio è più una vettura femminile o più maschile?

«La Clio è sempre stata femminile. Oggi però è anche più maschile, probabilmente la più maschile di sempre, forse per un richiamo alla Clio V6. È un bene: resta femminile, ma ha acquisito forza».

Per gli interni perché avete scelto uno schermo orizzontale anziché quello a L utilizzato già su Megane, Scénic e Rafale?

«Perché su un’auto compatta come la Clio funziona meglio. Libera spazio, è ergonomico, dà una sensazione di apertura. L’abitacolo riflette il corpo: in alto vedi, al centro tocchi, in basso usi i piedi. Per questo i comandi devono avere una logica. Non è solo pratica, ma anche comfort e spazio».

Vedremo qualche soluzione di design della nuova Clio anche su altri modelli Renault?

«Potrebbe essere. Ma abbiamo estrema libertà tanto da rinovare il DNA del marchio. Oggi lavoriamo su due settori ben distinti: “Future Icons” e “Legendary Icons”. Da un lato troviamo Renault 5, 4 e Twingo, dall’altro icone più avanguardistiche e sorprendenti».

Quindi la strategia è anche di immagine?

«Sì. L’immagine Renault sta risalendo grazie a marketing, qualità e design. La vera sfida è crescere a livello internazionale, ridurre la dipendenza dall’Europa e aumentare i volumi. Quello europeo è un mercato maturo e frammentato».

Siete tra i pochi marchi ad avere il sistema OpenR Link con Google integrato, com’è il rapporto con l’azienda americana?

«Renault ha sempre avuto il sogno di democratizzare le innovazioni. Quello di Google è un ecosistema chiuso, ma stiamo imparando a lavorare insieme. Per me, l’esperienza è la quarta dimensione del design, oltre a esterno, interno e materiali. L’esperienza è come si interagisce con l’auto: dal primo contatto via smartphone fino al viaggio, la ricarica, il parcheggio. È la chiave dell’auto di domani».

Come sta evolvendo il design dei Suv?

«L’appeal per i SUV non è sparito. Con l’arrivo delle motorizzazioni elettriche cambieranno sicuramente. Servirà più aerodinamica ed efficienza, quindi silhouette più basse e fluide. C’è una tendenza generale ad abbassare le vetture, anche per i nuovi Suv».

L’Intelligenza Artificiale cambierà il design?

«In Renault la usiamo già da due-tre anni. Forse la Clio sarà l’ultima vettura nata senza il supporto dell’AI. L’Intelligenza Artificiale accelera i processi, migliora qualità e velocità. Può generare centinaia di proposte in poche ore. Ti obbliga ad avere una direzione artistica chiara. È un grande strumento, lo usiamo anche per l’aerodinamica e i lavori più lunghi: ciò che richiedeva settimane oggi si fa in minuti».

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giovedì 11 settembre 2025 - Ultimo aggiornamento: 10:03 | © RIPRODUZIONE RISERVATA