Fuoribordo: piccoli in crisi, ma avanza l’”armata giapponese”. Novità in arrivo da Yamaha, Suzuki e Honda
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ROMA - Massimo Nalli nel 2017 è stato il primo presidente non giapponese a dirigere una filiale europea del costruttore della S Rossa. Merito evidentemente dei risultati commerciali, della capacità di leadership, ma anche dell’importanza che il nostro paese ha per un costruttore “compatto” per vocazione.
«Ci caratterizzano rispetto ai concorrenti - precisa Nalli - la compattezza delle nostre auto e l’elevato contenuto tecnologico, qualità particolarmente apprezzate nel mercato italiano».
Quali sono i principi fondamentali che Suzuki ha mantenuto inalterati nei suoi primi 100 anni di storia?
«La risposta è facile: produrre oggetti accessibili che migliorino la vita della gente. La prima due ruote motorizzata, ad esempio, nacque per permettere ai pescatori di contrastare il forte vento che incontravano usando la bicicletta. Le nostre prime auto furono consegnate a medici per permettere loro di essere più celeri in caso di chiamata. Persino i motori fuoribordo, che sono il business più recente, hanno a che fare con le nostre origini, Hamamatsu in Giappone è una località costiera. Forse non tutti lo sanno, ma Suzuki realizza anche case prefabbricate e sedie motorizzate per le persone anziane».
Al di là dell’insospettabile diversificazione, quale prodotto esprime al meglio l’essenza di Suzuki?
«Siamo partiti dalle moto e abbiamo portato la stessa filosofia sulle auto. Dunque leggerezza, facilità di guida e agilità, ma anche tanto pragmatismo. La nostra tecnologia ibrida è semplice e offre numerosi vantaggi, anche molti clienti e concorrenti se ne sono accorti, la nostra crescita nell’ultimo periodo è stata rilevante».
Un’altra unicità è che, in un secolo, Suzuki non ha mai chiuso un bilancio in perdita…
«È vero. Questo perché è una multinazionale con forte matrice imprenditoriale, famigliare, che esercita un controllo costante sulla produzione. Questa politica consente di individuare immediatamente gli sprechi e controllare puntualmente i costi».
Questo modello gestionale è difficile da gestire?
«No, anzi credo che il mio lavoro sia più facile di alcuni miei colleghi. Il nostro modello non prevede forzature: se il cliente ci vuole, ci avrà, ma senza spinte e politiche, come le “chilometri zero” o le “flotte”, che portano alla depressione del valore del marchio per raggiungere quote di mercato. Per questo il 92% delle nostre vendite riguarda clienti privati».
Fare auto piccole diventerà sempre più difficile. È questa la sfida più difficile per Suzuki?
«Direi che è la mobilità che cambia a porre la sfida. Certo è che sarà sempre più difficile produrre auto di questa categoria in modo redditizio. In questo però Suzuki ha dimostrato di essere abile come nessun’altra tanto che nel 2018 una ricerca di Ernst&Young ha dimostrato che siamo la casa automobilistica più profittevole, più ancora più dei prestigiosi marchi premium».
E l’elettrico?
«Già oggi Suzuki ha una gamma completamente ibrida e tutti i modelli futuri saranno elettrificati. Siamo pronti anche per l’elettrico, ma aspettiamo che il mercato sia maturo e l’infrastruttura di ricarica sia adeguata per scendere in campo».