Patrick Dempsey sul podio a Le Mans

Il bello della 24 Ore. Patrick Dempsey: «Farei solo il pilota, il mio sogno resta conquistare Le Mans»

di Nicola Desiderio
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LE MANS - Meglio essere una star di Hollywood o vincere la 24 Ore di Le Mans? Vestire il camice bianco e tenere in mano il bisturi in una delle serie televisive più amate del mondo o invece infilarsi tuta, guanti e casco e sedere al volante di una potente auto da corsa per affrontare la competizione motoristica più dura e affascinante? Patrick Dempsey non ha dubbi: «Mi piacerebbe fare del motorsport la mia priorità assoluta e concentrarmici a tempo pieno. Se solo potessi lasciare la carriera di attore, penso che lo farei con estrema facilità e mi concentrerei semplicemente su quella di pilota. Mi piacerebbe più di qualunque altra cosa». E quanto alla corsa che è in cima ai suoi pensieri, non ha dubbi: «Il mio obiettivo è prima di tutto Le Mans. Io voglio vincere a Le Mans».
 

 

Così parlava il bel dottore Derek Shepherd di Grey’s Anatomy nel 2013, alla vigilia della sua seconda volta a Le Sarthe dopo un’apparizione nel 2009 dove aveva ottenuto il 9° posto di classe e il 30° assoluto al volante di una Ferrari F430 GT2 insieme a Don Kitsch Jr e Joe Foster con la squadra italo-americana Advanced Engineering Team Seattle. Sì, proprio la città dove Grey’s Anatomy è ambientato. Un caso?
Dalla Spindle Grill, la grande clessidra che domina la città americana, a quella assai più crudele di Le Mans il percorso ideale era compiuto. Nel 2013 andò ancora meglio, con il 4° posto nella categoria GTE-Am, conquistato a bordo di una Porsche 911 preparata da un team che, per la prima volta portava il suo nome e anche un altro illustre: quello di Alessandro Del Piero.

Il sodalizio si interruppe presto, ma di certo non la voglia di correre per Dempsey che l’anno successivo si prese il 5° posto e nel 2014 infine riuscì a raggiungere il primo podio con il 2° posto, sempre con la Porsche. È stata l’ultima apparizione del Dempsey pilota, alle prese con problemi famigliari, aveva già deciso di appendere il casco al chiodo, ma non le insegne del team principal e dell’uomo immagine per il marchio della Cavallina.
Il bel Patrick non ha perso l’occasione di dare il via alla 6 Ore di Silverstone del 2016 e c’era pure lui insieme a Marija Sharapova quando, a dicembre scorso, fu presentata la nuova 911 RSR a motore centrale al Salone di Los Angeles. Ma mentre la tennista faceva la star, il “nostro” stava lì come un ragazzino che non aspettava altro che accarezzare il suo nuovo bolide. E sabato sarà di nuovo a Le Mans a soffrire al muretto guardando la sua 911 numero 77 guidata a turno dall’italiano Matteo Cairoli e dai tedeschi Marvin Dienst e Christian Ried che nelle prove libere ha ottenuto il terzo tempo.

Chi dunque di fascino (cinematografico) ferisce qualche volta di fascino perisce: quello che le corse, e in particolare quelle di durata, esercitano sugli attori. In passato è successo anche a Paul Newman, che a Le Mans riuscì a fare secondo assoluto nel 1979 con una Porsche 935, oppure a Steve McQueen che scese in pista nel 1970 per girare il celebre film-documentario “Le Mans” proprio nell’anno in cui le vetture di Stoccarda conquistavano per la prima volta la 24 Ore più ambita. Sono stati loro i primi a mescolare le luci della ribalta di Hollywood con i fari della notte nella terra dei castelli, dove immaginavano di trasformare le loro personali favole in realtà. E così è successo anche al nostro Dempsey che le competizioni le ha nel sangue sin da quando a Lewiston, nel Maine, faceva gare di sci.

«È molto simile alle corse e per questo correre mi riporta alla mia infanzia quando mio padre, appassionato di automobili come me, tornava a casa ogni venerdì sera un nuovo modellino per la mia collezione».
Poi arrivò la carriera di attore, ma prima ancora, all’età di 12 anni, la diagnosi di dislessia che Dempsey non ha mai nascosto, anzi: «Mi ha dato la prospettiva del fatto che ci avrei dovuto lavorare continuamente. E non ho mai mollato» aggiungendo che senza di lei non sarebbe mai diventato un attore e forse neppure un pilota, che è stato sempre il suo obiettivo finale al quale è arrivato nel 2004, quando ha preso la licenza alla Panoz Racing School di Road Atlanta. Paradossi che se ne portano un altro: il vero Dempsey non è quello baciato dal sole, bensì quello che trova se stesso al volante. È il bello della natura umana, è il bello di Le Mans.
 

 

 

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Sabato 17 Giugno 2017 - Ultimo aggiornamento: 19-06-2017 16:40 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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