FE, Cassidy (Jaguar) sbaglia nel finale e a Portland regala la vittoria a da Costa (Porsche). Sul podio Frijns (Envision) e Vergne (Ds Penske)
Dennis (Andretti) porta la Porsche in Pole nel secondo ePrix di Berlino. Anche Cassidy (Jaguar) in prima fila.
L'italo-svizzero Mortara regala alla Mahindra i primi punti della stagione: sua la pole a Berlino. Battuto Vandoorne (DS Penske)
VALENCIA – Dilbagh Gill è uno dei pionieri della Formula E: c'è fin dall'inizio e sempre con lo stesso incarico. Con lui e con la Mahindra, per conto della quale dirige la divisione Racing, un costruttore indiano corre per la prima volta in un campionato del mondo. «E possiamo anche vincerlo», sorride. Perché è solo da questa stagione che la Fia ha assegnato al circuito elettrico la dignità di competizione iridata. È un dirigente passionale ed appassionato, ma spontaneamente garbato. Alla domanda sull'età, ci pensa: «Quarantanove anni e mezzo».
Il momento più bello che ha vissuto in Formula E?
«La partenza del primo ePrix, a Pechino».
Non la prima vittoria?
«A Pechino, quel giorno, quelle venti macchine, non hanno cominciato solo una gara».
Il momento più brutto?
«L'ePrix di Roma della quarta stagione. Felix Rosenqvist aveva ottenuto la pole ed era in testa alla gara ma si è dovuto fermare per colpa della sospensione ...».
I piloti più forti della Formula E?
«Non faccio fatica a fare certi nomi: Buemi, Da Costa e Vergne».
Perché?
«Perché portano qualcosa alla squadra. Ma non mi fraintenda: non rimpiango le scelte che abbiamo fatto. E, soprattutto, sono contento dei piloti che ho».
Mahindra ha cambiato molto, però: Chandhok, Senna, Heidfeld, Rosenqvist, D'Ambrosio, Wehrlein e adesso Lynn e Sims...
«Siamo giovani nel motorsport: dovevamo imparare e crescere. E anche capire come si gestisce una squadra. E le scelte non le facciamo solo noi. Rosenqvist ha preso un'altra strada e D'Ambrosio ha deciso di fare il dirigente. Ma Heidfeld è sempre con noi ».
Lei è in Formula E fin dall'inizio: come giudica questa serie?
«Siamo cresciuti assieme: era come se fossimo bambini, mentre adesso siamo teenager. Abbiamo fatto esperienza compiendo ogni anno dei passi avanti».
Cosa si aspetta che la Formula E faccia ancora?
«Dal punto di vista tecnologico stiamo facendo un bel lavoro, ma io sarei contento se riuscissimo a coinvolgere ancora più paesi e più città, abbandonando le piste ed i tracciati “ibridi”. Perché questo è un campionato che va incontro alla gente. Ho in mente le immagini di Hong Kong, in mezzo a quei grattacieli: che colpo d'occhio».
Il circuito di Valencia che ospita i test è molto diversi dai tracciati cittadini...
«Va bene così. Dobbiamo verificare l'affidabilità della macchina, il software e tutto il resto. Ci serve e ci è utile».
Anche se è così largo e differente rispetto alle piste metropolitane?
«Quest'anno dobbiamo essere preparati a tutto. Non sappiamo cosa succederà: dobbiamo essere flessibili ed essere in grado di far fronte ad ogni situazione».
Non esclude che per via della pandemia la Formula E torni in pista, insomma.
«Non possiamo sapere come si evolverà la situazione e quindi dobbiamo poterci adattare. La Formula E ha già dimostrato di saperlo fare in estate con i sei ePrix di Berlino».
La Formula E aveva cominciato dando spazio alle donne, ma adesso a parte il loro forte coinvolgimento simbolico nei test del 2018 in Arabia Saudita sono scomparse.
«Non c'è alcuna discriminazione di talenti, glielo assicuro. Speriamo che nei prossimi anni si aprano delle possibilità».