Da sinistra Maurizio Arrivabene e Mattia Binotto

Ferrari, ribaltone indispensabile: ecco perchè Binotto prende il posto di Arrivabene

di Giorgio Ursicino
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ROMA - Il ribaltone era nell’aria. Per il momento non è ancora ufficiale, ma il silenzio che avvolge Maranello fa capire che la notizia ha basi molto solide. È vera. I vertici dell’azienda e del gruppo di cui fa parte hanno deciso di rimuovere dall’incarico il team principal della Ferrari Maurizio Arrivabane, il suo posto verrà preso dall’attuale direttore tecnico Mattia Binotto. Si conclude così a favore dell’ingegnere italo-svizzero il braccio di ferro con il suo capo che si era particolarmente infiammato nella seconda parte della scorsa stagione quando il Cavallino dopo il Gran Premio di Spa ha iniziato a perdere smalto a svantaggio di una Stella d’Argento che, come sempre avviene, è impeccabile al rientro dalle vacanze.
 


Molteplici le cause che hanno portato alla conclusione della vicenda. Una su tutte i titoli Mondiali ancora una volta sfuggiti a Maranello, ma ancora di più la prematura e improvvisa scomparsa del presidente Sergio Marchionne, l’uomo che aveva ricostruito la squadra e che aveva le chiavi per farla funzionare. Da Monza in avanti c’è stato sicuramente un rallentamento nello sviluppo della SF71H che nella prima parte del Campionato era apparsa la monoposto migliore, ma ci sono stati pure numerosi errori dei piloti, in particolare di Vettel, che hanno fatto pendere l’ago della bilancia dalla parte della Freccia d’Argento e dell’infallibile Hamilton. Marchionne, si sa, era un manager unico, che amava l’organizzazione trasversale e si prendeva tutte le responsabilità. La parte tecnica la controllava direttamente proprio attraverso Binotto che aveva fortemente voluto al comando dell’organizzazione ingegneristica.

Sergio teneva in prima persona gran parte dei rapporti con i poteri forti della Formula 1: gli altri Costruttori, Liberty Media e la Fia. Venuto all’improvviso a mancare una snodo di tale importanza è evidente che il riequilibrio è stato complesso e la mancanza di risultati ha mandato in corto circuito il sistema. Maurizio ha cercato di tenere in pugno la squadra, ma ha protetto in particolare Sebastian e in qualche occasione come a Suzuka è sbottato contro i suoi uomini. Che forse non hanno gradito. Binotto, uomo pacato, ma tenace, non ha mai alimentato polemiche, ma sono trapelati in altro modo segnali della sua insofferenza. Proposte di lavoro da parte della Mercedes e pure della Renault sono attestati di grande stima da parte del paddock. Come potrebbe essere diversamente per un ingegnere che guida la Scuderia e che da più di un ventennio lavora a Maranello dove ha attraversato la mitica epoca Schumi-Todt e dove attualmente ha inventato l’unica vera rivale della Mercedes? Sia come sia, se il dualismo è diventato duello, Elkann e il suo entourage hanno deciso che era più facile rinunciare ad Arrivabene che a Binotto, specialmente in questa fase in cui la nuova monoposto è già pronta e le ostilità stanno per iniziare.

Sul piano umano e professionale nulla contro Arrivabene, stimatissimo e amico della famiglia Agnelli, nonché membro del cda Juventus. Meno chiara la posizione in questo frangente dell’ad di Maranello Louis Camilleri, altro uomo forte proveniente dalla galassia Philip Morris che sulla carta avrebbe dovuto difendere Arrivabene. Una decisione che certamente ha condiviso gli è stata in qualche modo imposta o è addirittura partita da lui?

Veniamo agli scenari futuri. Se è vero come è vero che rinunciare a Binotto sarebbe stato quasi impossibile, non è affatto detto che chiedere all’ingegnere di occuparsi anche di politica e di relazioni sia la scelta migliore. Tutti i top team hanno al vertice un tandem forte, due personaggi di spicco in forte simbiosi fra loro: Wolff e Allison alla Mercedes, Horner e Newey in Red Bull. Il Cavallino che dominava aveva Todt e Brawn, quello che stava risorgendo aveva l’abile regia di Marchionne dietro la coppia Arrivabene-Binotto. Riuscirà il pacato, ma autoritario Mattia al svolgere al meglio entrambi i ruoli? A meno che della parte più delicata (anche in vista del cambio regolamentare del 2020) dell’aspetto politico relazionale non si ne occupi direttamente il ceo Camilleri o addirittura il presidente Elkann. Ma questo non sarà facile visto che il nipote dell’avvocato è anche l’azionista di riferimento di tutte le principali società controllate da Exor.

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Lunedì 7 Gennaio 2019 - Ultimo aggiornamento: 08-01-2019 11:35 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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