Uno dei duelli al gp di Francia del 1988 tra Alain Prost e Ayrton Senna con le due McLaren Honda

F1 story, dalle prestazioni “monstre” dei motori turbo alla rivalità tra Senna e Prost

di Franco Carmignani
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Dieci anni dopo l’apparizione della primissima Renault RS01 1.5 sovralimentata, i motori turbo hanno raggiunto prestazioni monstre, e i 1000 Cv non sono più un sogno. La FIA interviene ancora, questa volta senza scontrarsi con l’associazione dei team, introduce un limite - 4 bar -  alla pressione di sovralimentazione, confermando 195 litri per il carburante a bordo e rilancia i motori aspirati che ora avranno una cilindrata di 3500 cc, mentre l’intera monoposto dovrà stare entro i 500 kg di peso, 40 kg in meno di una macchina turbo. Vengono istituiti dei trofei dedicati, cui aderiscono per ora Tyrrell, March, AGS e un altro paio di scuderie minori.

Non c’è più proprio la Renault, chiuso il team corse, inizia gli studi per un nuovo motore aspirato! Lotus risolve il problema adottando il turbo della Honda, altri team puntano sul Megatron, realizzato da Heini Mader sulla base del vecchio BMW. Manca anche il campione del mondo 1982 Keke Rosberg che ha appeso il casco al chiodo, sostituito sulla seconda McLaren-TAG Porsche da Stefan Johansson, mentre in Ferrari è approdato Gerhard Berger che si rivelerà un’ottima scelta.

McLaren e Williams riprendono da subito il  loro duello. Prost vince in Brasile e a Spa, Mansell a Imola. Nei due circuiti cittadini di Montecarlo e Detroit brilla invece la stella di Ayrton Senna. Ma poi emerge netta la superiorità delle Williams Honda, sempre dirette dai box da Sir Frank  con tanto coraggio nella sua dolorosa situazione, dopo l’incidente dell’anno prima. Le FW11B infilano sei successi consecutivi, tre con Mansell e altrettanti Piquet, primo sul traguardo di Monza. Prost rompe l’assedio in Portogallo, ma è tardi. Il titolo è questione tra Mansell e Piquet. Alla penultima gara Nigel sbatte in prova, e per Nelson arriva il terzo mondiale, mentre Berger chiude alla grande la stagione vincendo in Giappone e in Australia con la Ferrari F1/87 che fa la doppietta ad Adelaide con il secondo posto di Alboreto. A proposito l’87 ha registrato una presenza massiccia di piloti italiani ben 11. Oltre al portacolori Ferrari, settimo nella classifica  finale, ci sono Teo Fabi con la Benetton, pure nella top ten,  Riccardo Patrese e Andrea De Cesaris con le Brabham entrambi una volta sul podio, Stefano Modena pure con la Brabham, Alex Caffi e Gabriele Tarquini con l’Osella motorizzata Alfa Romeo, Alessandro Nannini con la Minardi Motori Moderni, Piercarlo Ghinzani con la Ligier, Ivan Capelli con la Leyton House March  e Nicola Larini con la Coloni.

Nel 1988 si chiude l’era dei motori turbo. Per quest’ultima stagione la FIA penalizza ulteriormente le unità sovralimentate imponendo una pressione di 2,5 bar e un serbatoio da 150 litri. Con queste condizioni Porsche rinuncia, ma a trovarsi in difficoltà è proprio la Williams che si vede soffiare dalla McLaren la fornitura ufficiale dei motori Honda. Il team di Grove ripiega sul disastroso Judd V8 aspirato con il quale riuscirà a malapena ad ottenere due secondi posti con Mansell. Piquet ha invece seguito la Honda e si è accasato alla Lotus, sostituito in Williams da Riccardo Patrese, ma il terremoto a livello piloti lo fa Ayrton Senna che approda in McLaren come scomodissimo compagno di squadra di Alain Prost.

Sta di fatto che i due che non si amano per non dire che si detestano dominano in lungo e in largo il campionato vincendo ben quindici dei sedici Gran Premi in programma. Il campione è proprio il neo arrivato brasiliano con otto centri contro i sette del rivale francese! L’unico Grand Prix che sfugge alla McLaren è quello di Monza. A meno di un mese dalla traumatica scomparsa di Enzo Ferrari, Gerhard Berger e Michele Alboreto, primo e secondo sulla pista di casa, rendono il migliore omaggio al Grande di Maranello! I due ferraristi chiudono la stagione in terza e quinta posizione, in mezzo è il brillante belga Thierry Boutsen che con la Benetton B188 Cosworth DFR è il migliore dei piloti con motore aspirato.

Si volta dunque pagina. La stagione 1989 vede tantissime novità. Honda conferma il suo impegno in F1 e consegna alla McLaren un V10 3.5 litri subito competitivo. Per Williams c’è invece il nuovo Renault RS1 V10 per l’inedita coppia di piloti Thierry Boutsen e Riccardo Patrese. Ferrari replica con la 640 progettata dall’ex McLaren John Barnard, che inaugura sulla “papera”, così ribattezzata per la forma del musetto, un sistema semiautomatico di cambiata con le leve sul volante, mentre per il motore c’è il frazionamento a dodici cilindri, il più amato a Maranello.

Ci sono tante speranze sulla “rossa” anche per la nuova line-up piloti con Nigel Mansell che affianca Gerhard Berger, e proprio l’inglese vince in Brasile la prima gara dell’anno davanti a Prost e al pilota di casa ma di origini italiane Mauricio Gugelmin con la March Leyton House, il miglior risultato in carriera. Da segnalare anche il primo punto iridato di Alessandro Nannini al volante della Benetton. Senna e la McLaren riprendono subito il comando delle operazioni. Il campione del mondo vince di seguito a San Marino, Montecarlo e a Città del Messico. Prost è primo a Phoenix e, dopo il primo exploit della Williams Renault in Canada, vince anche in Francia e in Gran Bretagna. Si entra nella fase calda della stagione. La rivalità tra Senna e Prost cresce esponenzialmente. Ci sono anche le Ferrari con Mansell primo in Olanda e Berger vincente in Portogallo. Ma a far notizia è il primo corpo a corpo tra i due piloti McLaren a Suzuka, che si risolve con la squalifica del brasiliano e il ritiro del francese che però vede l’iride. In Giappone è dunque Alessandro Nannini con la Benetton a salire sul podio più alto, undicesimo pilota italiano a riuscire a tanto, mentre Riccardo Patrese, terzo in Australia dietro il compagno di team Boutsen e lo stesso “Nano” chiude il mondiale alle spalle di Prost e Senna.

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Mercoledì 3 Marzo 2021 - Ultimo aggiornamento: 04-03-2021 08:40 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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