Niki Lauda e Mauro Forghieri

Lauda, Forghieri: «Era il pilota perfetto. Avremmo potuto vincere molto di più in Ferrari»

di Alberto Sabbatini
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ROMA - Per lui Era il pilota perefetto. Con la P maiuscola. Niki Lauda e Mauro Forghieri hanno formato, nei quattro anni di Ferrari fra il 1974 e il 1977 un sodalizio formidabile e stravincente. Uno pilota, l’altro ingegnere, progettista, direttore sportivo. Una coppia vincente che in quattro anni insieme in Ferrari ha conquistato due titoli mondiali (nel 1975 e 1977) e altri due ne ha sfiorati nel 1976 e nel 1974. Per Forghieri, Lauda era il pilota ideale. «Era perfetto. Lo stereotipo del corridore ideale per un progettista. Il tipo di pilota che ho sempre sognato di avere in squadra. Un uomo preciso, meticoloso, velocissimo, determinato, con una sensibilità innata nella guida. Ma anche un lavoratore indefesso. Quanti inverni abbiamo passato a collaudare le Ferrari F1 sulla pista di Fiorano, nella stagione morta, al gelo e alla nebbia, a macinare chilometri nei pomeriggi di dicembre e gennaio fino alla penombra inoltrata».
 

 

Ma Forghieri ricorda Lauda con affetto anche dal punto di vista umano. «Una persona che mi ha dato tanto. Avremmo potuto vincere molto di più insieme in Ferrari, invece non accadde. Ho il rimorso di non aver insistito tropo con lui». Forghieri si riferisce all’incidente del Nurburgring, nell’agosto 1976. «Lauda volle rientrare in F1 a tutti i costi al GP d’Italia a Monza, un mese dopo. Credeva che Reutemann, ingaggiato da Ferrari per sostituirlo, potesse rubargli il posto. Non aveva capito che l’argentino era stato preso proprio per aiutare Lauda e portare via punti in campionato ai rivali inglesi. Invece Niki volle tornare subito al volante ma non era psicologicamente pronto. Arrivò quarto, ma soffrì tanto. Avrei dovuto impedirgli di correre, ma lui era troppo determinato. Se non avesse corso a Monza, avrebbe avuto più tempo per ricostruirsi psicologicamente e forse quel mondiale del 1976 lo avrebbe vinto. Perché Lauda arrivò alla gara decisiva al Fuji, in Giappone, in grande tensione. Il giorno della corsa c’era un diluvio, la pista era quasi impraticabile, gli avversari avevano capito la debolezza psicologica di Niki in quel frangente e lo spiazzarono. Prima decisero di non correre, poi all’ultimo istante presero il via sorprendendo Niki. Lui partì lo stesso, ma dopo un giro si ritirò perché non riteneva ci fossero le condizioni per guidare. E perse il mondiale. Capii il suo stato d’animo e quando gli proposi, per proteggerlo, di raccontare una scusa, lui mi rispose: No, diciamo la verità. Voglio metterci la faccia. Sono io che sono venuto meno al mio impegno di pilota».
 

 

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Martedì 21 Maggio 2019 - Ultimo aggiornamento: 20:14 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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