Edoardo Liberati, fresco campione italiano Endurance, partecipa alle finali europea, nord americana e mondiale dei campionati Lamborghini

Liberati, campione italiano Endurance con Lamborghini, sogna una grande vittoria: «La 24h di Le Mans, Daytona o Spa»

di Mattia Eccheli
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ROMA – Un titolo appena vinto, quello italiano dell'Endurance, e almeno uno ancora da inseguire quest'anno. Nel corso del primo fine settimana di novembre, in Algarve, sul circuito lusitano di Portimao, Edoardo Liberati partecipa alle finali europea, nord americana e mondiale dei campionati Lamborghini. A Monza si è aggiudicato l'alloro tricolore con la Huracán Gt3, mentre dall'altra parte dell'Atlantico è sempre stato al volante di una Super Trofeo Evo2, sempre da 620 cavalli, anche se nella vita guida una Golf Gtd, con la quale dice di trovarsi «molto bene». Da 17 anni, adesso ne ha 29, frequenta i circuiti (papà Gianni ha un passato da pilota turismo) e tra il pallone e il volante ha scelto quest'ultimo. Senza rimpianti.

«Ho cominciato a dodici anni sui kart – ricorda Liberati – All'inizio su quelli a noleggio ci andavo assieme a papà, che mi ha sempre supportato, non spinto. Mi piaceva la pista, anche se a quell'età non sai bene cosa vuoi fare da grande. Ho inseguito un sogno e mi sono dato un obiettivo».

Da pilota professionista quale sei, quali sono state le tue maggiori soddisfazioni?

«Ne ho avute varie: ho vinto quattro titoli e li metto tutti sullo stesso livello».

Delusioni?

«Ce ne sono state, ma una in particolare non mi viene in mente. Diciamo che ci sono state cose che mi aspettavo e che poi non sono andate come speravo, ma preferisco non soffermarmici troppo».

Il tuo grande sogno?

«Continuare il più a lungo possibile a restare nel motorsport. Restarci per lavorare intendo, come adesso. E magari un giorno vincere una gara tra le 24h di Spa, di Le Mans o di Daytona».

Per tradizione, l'Italia è patria del motorsport, ma a livello di piloti è sottorappresentata...

«È una questione di budget: la situazione è questa e ci sono meno appoggi e meno sponsor. Ci sono molti talenti, ma più ti avvicini alla Formula 1 più lievitano i costi, che diventano altissimi e se alle spalle non ci sono sponsor o federazioni si fatica contro altre superpotenze mondiali».

Come vedi il futuro elettrico del motorsport?

«Futuro? A me pare che sia già abbastanza il presente e non penso solo alla Formula E o all'Etcr, perché ci sono anche altre serie elettriche. Per adesso piace ancora di più il suono dei motori tradizionali, ma se la direzione è in cui si dovrà andare è elettrica, beh, ci adatteremo».

A Portimao farai sei gare, tutte con bolidi “convenzionali”...

«Vado in Portogallo con aspettativa alte: abbiamo un bel team, una bella macchina e ci arriviamo con i bei risultati ottenuti durante l'anno. Vorrei giocarmi il titolo fino alla fine: vediamo se le cose girano come devono, ma ci sono tutti i presupposti per fare molto molto bene».

Hai un pilota di riferimento, a cui ti ispiri?

«Uno in particolare no, ma ce ne sono molti che mi piacciono e molti che stimo sia in F1 sia in altre classi. Cerco di prendere spunto dai migliori, pescare il meglio e applicarlo al mio modo di guidare».

Dove ti vedi a quarant'anni?

«Spero di essere ancora nel motorsport, come pilota».

E a cinquanta?

«Magari come pilota a fine carriera e con un altro ruolo, come team manager o manager dei piloti. In parte già faccio coaching e può diventare un'occupazione a tempo pieno».

Qualcuno a cui dire grazie?

«Sicuramente la mia famiglia e sicuramente la mia compagna, Giulia, che mi sono stati vicini in questi anni e mi hanno permesso di fare quello che faccio al meglio».

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Martedì 18 Ottobre 2022 - Ultimo aggiornamento: 19-10-2022 17:37 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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