Alcune delle Porsche vincitrici della 24 Ore di Le Mans schierate con i loro piloti dell'epoca

Porsche-Le Mans, la macchina del tempo
piloti e bolidi dei trionfi lanciano la sfida

di Giorgio Ursicino
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HOCKENHEIM - A Volte ritornano. Il prossimo anno due autentici fenomeni saranno di nuovo protagonisti sulla scena planetaria del Motorsport. La Porsche riprenderà a rombare nel Mondiale Endurance, quindi anche alla mitica 24 Ore di Le Mans, mentre i motori turbo faranno sentire la loro rauca voce nel Campionato di F1 da dove mancano dal lontano 1988.

In realtà, la prestigiosa casa di Stoccarda non ha mai abbandonato la sua tana dal 1951 quando, all’esordio, dominò la Classe nella maratona francese con la 356 SL Coupé (la prima vera Porsche della storia) che, con un piccolo motore 4 cilindri boxer di soli 1.086 cc e appena 46 cv, percorse oltre 2.840 chilometri alla ragguardevole media di 118,36 km/h. Nelle ultime 15 edizioni, però, Porsche non ha più schierato bolidi progettati per la vittoria assoluta, si è “accontentata” di competere nelle varie categorie (LMP2 e GT) dove ha anche trionfato quest’anno con la 911 (in occasione del 50° compleanno dell’intramontabile modello) in versione GT3 RSR, un gioiello strettamente derivato dalla produzione (per il marchio tedesco è stata la vittoria di classe numero 102 nella gara di durata più famosa del mondo).

«In ogni Porsche c’è un’auto da corsa», il presidente Matthias Muller ha ribadito il motto dell’azienda illustrando il nuovo programma LMP1. Eh sì, dopo un’assenza di 16 anni dalla lotta per la vittoria assoluta, Porsche nel 2014 rilancerà la sfida per aggiungere nel più breve tempo possibile un nuovo trionfo ai 16 già in cassaforte (Audi è a 11, Ferrari a 9), il più recente nell’ultima partecipazione prima della pausa con la doppietta della mitica GT1 nel 1998. Se il cavallino di Maranello è il simbolo della F1 (è l’unica squadra ad aver preso parte a tutti i Campionati finora disputati) la giumenta di Stoccarda (è anche il simbolo della città) ha indissolubilmente legato il suo nome alle gare di durata e, in particolare, a Le Mans.

Questa corsa, che miscela prestazioni, resistenza ed affidabilità, resta infatti unica per sperimentare tecnologie innovative da applicare poi alle vetture di serie. Se in F1 hanno vinto anche marchi come BRM, Tyrrell, Brabham, Williams, Benetton e, addirittura, Brawn che non hanno mai prodotto una vettura stradale, l’albo d’oro di Le Mans vede nomi come Alfa Romeo, Bugatti, Bentley, Ferrari, Jaguar, Aston Martin, Ford, Porsche, Audi, BMW, Mercedes, Peugeot. Dal ’51 Porsche ha preso parte a tutte le edizioni e, oltre alle 16 vittorie assolute e alle 102 di Classe, ha scritto una valanga di record. Una Porsche ha il giro più veloce della storia del circuito: Hans-Joachin Stuck nel 1985 girò in prova con la 962C a 251,815 battendo il record stabilito 15 anni prima dalla 917 di Jackie Oliver che era arrivata a 250,475, toccando i 386 km/h in fondo al rettilineo di Hunaudières (5,8 km), prima della staccata della Mulsanne.

Nel 1971 ben 33 delle 49 vetture al via erano Porsche, Porsche ha vinto per ben 7 anni di fila e nel 1983 piazzò 9 vetture nelle prime 10 posizioni (al 9° posto una Sauber-BMW) scusandosi con un filo di presunzione: «Nessuno è perfetto». Con Porsche a Le Mans hanno corso i piloti più forti, non solo specialisti della categoria, ma anche campioni di F1 e rally: da Hill a Rindt, da Andretti a Jones, da Waldegard a Rohrl. Chi è pilota Porsche lo è per sempre così a Stoccarda per caricare gli attuali campioni del team hanno richiamato per un giorno in pista gli ex ragazzi protagonisti di tante eroiche imprese rimettendoli al volante dei loro bolidi. Hanno acceso la macchina del tempo riportando indietro le lancette di quasi mezzo secolo a facendo girare ancora una delle vetture che ha segnato quell’epoca (la leggendaria 917).

Tuta come quella di Bernhard e Dumas (già vincitori a Le Mans nel 2010 con l’Audi), che con Mark Webber correranno nel 2014, fra i tanti nomi noti hanno strappato applausi tre nonnetti particolarmente arzilli che fanno parte della storia di Porsche e di quella della 24 Ore. Nei giorni scorsi hanno infatti girato a Hockenheim Hans Herrmann, Richard Attwood e Gijs van Lennep. Furono i primi due nel 1970 a portare per la prima volta una Porsche sul gradino più alto del podio. La loro 917K (coda corta) rossa con il numero 35 faceva parte dello squadrone di Stoccarda che sfidava le 512 di Maranello (la Ferrari aveva vinto 6 volte negli anni Sessanta). Una Porsche scattava in pole, ma le Rosse presero la testa in una giornata da lupi in cui la pioggia diventò tempesta.

La spedizione del Cavallino (11 vetture) finì decimata (tre finirono fuori in un solo incidente) e la Porsche monopolizzò in podio di una gara che vide solo 7 equipaggi al traguardo. Per Herrmann fu una cosa normale, lui aveva corso la Carrera Panamericana e la Mille Miglia e vinto pure la Targa Florio. In una squadra fuori giri per il tanto atteso trionfo Hans era il più serio. «E’ stata la mia ultima corsa, ho sempre detto a mia moglie che mi sarei ritirato dopo aver vinto Le Mans. E una promessa e una promessa». L’anno successivo toccò a van Lennep scrivere la storia. Con Helmut Marko (l’attuale talent scout della Red Bull che ha accompagnato la carriera di Vettel) e la 917 del team Martini Racing andò a vincere percorrendo 5.335 km alla fantastica media per l’epoca di 222,304 km/h, un primato che ha resistito 40 anni.

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Lunedì 21 Ottobre 2013 - Ultimo aggiornamento: 21-02-2016 13:35 | © RIPRODUZIONE RISERVATA