Ucina denuncia: «Tasse ingiuste sui porti turistici». Rischio collasso per un intero comparto

Ucina denuncia: «Tasse ingiuste sui porti turistici». Rischio collasso per un intero comparto

di Sergio Troise
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GENOVA - «Abbiamo bussato a tutte le porte, tutti gli uffici dei ministeri interessati hanno da anni, sui loro tavoli, i nostri dossier, ho scritto al ministro Gualtieri appena insediato senza ricevere una risposta, ma continuerò ad oppormi con ogni mezzo di fronte a una vera e propria esecuzione a opera degli organi amministrativi dello Stato». Sono parole di Saverio Cecchi, presidente di Ucina-Confindustria nautica, costretto ad esporsi una volta di più a nome degli operatori e dei lavoratori del settore, per far sentire a Roma quanto forte sia l’indignazione per quella che molti definiscono “una persecuzione”. «Se necessario – ha fatto sapere il numero uno degli operatori della nautica italiana - adotteremo azioni di protesta anche eclatanti, pur di difendere la legalità e, soprattutto, il posto di lavoro di almeno 2.225 addetti diretti e indiretti».

Il tema del contendere sono le concessioni demaniali per la gestione dei porti turistici. Una questione caldissima, che ha provocato un contenzioso ad alto contenuto polemico tra la pubblica amministrazione (in particolare l’Agenzia delle Entrate) e le società concessionarie. Due di queste (entrambe di Cattolica) hanno già subìto la revoca della concessione. «Una ritorsione dovuta al fatto che le due società hanno vinto i ricorsi per evitare di pagare tasse non dovute, e che invece il Comune di Cattolica, per conto del Demanio, si ostina a pretendere» sostengono negli uffici di Ucina, dove in queste ore c’è grande preoccupazione per i rischi che corrono almeno altri 22 concessionari. «L’impatto sull’indotto e sulla ricettività turistica delle aree interessate dai provvedimenti non è calcolabile» fanno sapere i collaboratori più vicini al presidente Cecchi.

La vicenda si trascina da anni, ma vale la pena ricostruirla una volta di più: 24 porti turistici italiani sono in contenzioso con lo Stato dal 2007 per l’applicazione dall’articolo 1, comma 252, Legge n. 296 del 27 dicembre 2006 (Finanziaria 2007) che ha modificato, dal primo gennaio 2007, i canoni annuali per le concessioni demaniali delle strutture della nautica da diporto, con aumenti fino a cinque-otto volte dei canoni fissati all’atto della firma della concessione stessa. Aumenti pretesi applicando retroattivamente il meccanismo di calcolo previsto per le spiagge, anche se, in quest’ultimo caso, previsto per importi e investimenti decine di volte inferiori.

Già in data 2 dicembre 2008 la Sezione centrale di controllo delle amministrazioni dello Stato della Corte dei Conti, con un parere motivato, aveva evidenziato come il piano finanziario del concessionario che ha realizzato la struttura turistico ricettiva sia un elemento essenziale del contratto di concessione. Di conseguenza – venne spiegato - un aumento indiscriminato del canone originario rappresenta una forzatura unilaterale e di fatto una modifica del contratto a danno dei diritti del concessionario. Se non bastasse, la Corte dei Conti aveva inoltre sottolineato come l’aumento dei canoni fosse sproporzionato rispetto all’ipotizzato vantaggio per l’erario, sia in termini di contenzioso, sia in termini di possibili risultati economici.

Sono seguite numerose pronunce favorevoli ai porti da parte di diversi TAR. La querelle è così arrivata alla Corte Costituzionale che, con la sentenza n. 29 del gennaio 2017 ha evidenziato come l’aumento dei canoni è possibile (e quindi in assoluto legittimo) ma «va esclusa l’applicabilità dei nuovi criteri alle concessioni non ancora scadute che prevedano la realizzazione di impianti ed infrastrutture da parte del concessionario, ivi incluse quelle rilasciate prima del 2007». La Corte Costituzionale ha inoltre precisato che gli aumenti «risultano applicabili soltanto a quelle concessioni che già appartengano allo Stato e che già possiedano la qualità di beni demaniali. Nelle concessioni di opere da realizzare a cura del concessionario ciò può avvenire solo al termine della concessione, e non già nel corso della medesima».

Nonostante la giurisprudenza – numerose anche le pronunce dei Tribunali Civili – sia dunque tutta a favore dei concessionari, l’Amministrazione dello Stato procede con l’emissione delle cartelle esattoriali e il blocco dei conti correnti dei porti turistici, tutte respinte dai Tribunali Civili. È a questo punto che lo Stato gioca la carta della ritorsione sotto forma della revoca delle concessioni alle società colpevoli solo di aver resistito e vinto i ricorsi. «Il paradosso di questa situazione – fanno notare da Genova - è che il primo a rimetterci è l’erario, che perderà anche i canoni ordinari e il gettito fiscale – Irpef e Irpeg - generato dai porti».

 

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Lunedì 28 Ottobre 2019 - Ultimo aggiornamento: 29-10-2019 14:37 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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