Zanardi, il mistero dell ultima curva e della carovana senza scorta

Zanardi, il mistero dell’ultima curva e della carovana senza la “scorta”

di Alessia Marani
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 Ottocento metri di curve, tutte in discesa, di quelle che gonfiano d’adrenalina i patiti delle due ruote. Che cosa sia successo al km 39,800 della provinciale 146 che da Pienza porta a San Quirico d’Orcia, venerdì pomeriggio, nell’ultima curva in cui è avvenuto lo scontro tra la handbike di Alex Zanardi e l’autoarticolato guidato da Marco C., 44 anni, autotrasportatore di Castelnuovo Berardenga (Si), è un mistero. Il filmato girato dal videomaker Alessandro Maestrini che seguiva il gruppetto a bordo della sua Golf cabrio riprende chiaramente l’ex pilota di Formula 1 mentre perde il controllo del velocipede.

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La bici speciale, adattata per i disabili, che si muove su spinta a braccia di due manovelle, “imbarca” improvvisamente e “taglia” dritta la curva che declina verso destra. Tanto che Marco C., che procede in senso opposto, se la ritroverà di fronte: «Quell’uomo mi è apparso all’improvviso davanti, ho avuto la prontezza di sterzare di lato fino a invadere la banchina e così probabilmente ho evitato lo scontro frontale», spiega assistito dal suo legale, Massimiliano Arcioni. Sempre dal filmato, si vede che anche nella curva precedente, Alex avrebbe invaso la linea di mezzeria per poi rientrare, più o meno la stessa manovra, ma questa volta dalla parte contraria non arriva nessuno. Che cosa è successo allora? Sull’asfalto, in quel tratto, non ci sono buche o avvallamenti che facciano pensare a un sobbalzo o a una perdita di aderenza della handbike. 
 

LE IPOTESI
Un testimone, un ciclista di Sinalunga che era appena partito da Pienza insieme con Zanardi, non ancora ascoltato dagli investigatori, spiega che «Alex stava girando delle immagini con il telefonino», almeno fino al rettilineo che degrada sulle curve, ottocento metri, un chilometro prima dell’impatto in cui il pilota - secondo altri testimoni- avrebbe avuto le mani sul manubrio. Il ciclista di Sinalunga aggiunge che «Alex si è spaventato quando ha visto il camion e allora ha perso il controllo».

Il cellulare è stato sequestrato e sarà sottoposto a perizia, così come la handbike. Un guasto tecnico? Mario Valentini, commissario tecnico della Nazionale paralimpica di ciclismo, che seguiva il gruppetto di Zanardi a distanza su un minivan, si sente di escluderlo: «La handbike di Alex subito dopo l’incidente era pressoché integra - dice - è stata danneggiata solo una manopola che probabilmente era rimasta agganciata alla fiancata dell’autotreno. Con un altro collaboratore l’abbiamo testata: la ruota anteriore girava ancora e bene non era bloccata. Avevamo pensato che per avere perso il controllo potesse essere scoppiata una gomma, invece, erano integre. Alex, a quanto pare, non ha nemmeno frenato, quindi anche i freni dovrebbero essere a posto». Valentini non esclude nemmeno il malore. «È una delle ipotesi - aggiunge - che stiamo prendendo in considerazione, tra le tante.

Ma solo l’inchiesta e mi auguro Alex stesso, risvegliandosi dal coma, potrà dirci cosa è davvero successo». In quel momento a impegnare la serie di curve sulla 146, secondo quanto ricostruito dai carabinieri accorsi sul luogo dell’incidente, c’era un gruppetto di 8 atleti, alcuni più sfilacciati, altri più vicini tra di loro. Il punto su cui sta focalizzando l’attenzione la Procura di Siena nell’inchiesta che per il momento vede indagato per lesioni gravissime l’autotrasportatore 44enne («sono sconvolto, ma non ho colpe, scriverò una lettera ai familiari di Zanardi»), è se la kermesse promossa dal team “Obiettivo3” fondato dal campione azzurro per supportare lo sport paralimpico in giro per l’Italia, si possa configurare più come una vera e propria gara tra gli atleti spinti comunque da una verve agonistica, piuttosto che in una randonnée.

Roberto Sgalla, Presidente della commissione direttori di corsa e sicurezza della Federciclismo, ex prefetto e Direttore della Polstrada, chiarisce che «si trattava di una pedalata a fondo benefico, motivo per cui non doveva esserci una comunicazione di percorso alle autorità e neanche una chiusura del traffico», precisando che «le cosiddette tappe vanno interpretate come una tabella di marcia dal punto di vista organizzativo». Insomma, il gruppetto avrebbe dovuto attenersi alle regole del codice della strada che prevedono, comunque, che i ciclisti procedano in fila indiana e, in periodo di emergenza Covid, ad almeno 1,5 metri tra di loro. Infine, le handbike hanno obbligo di avere montata sulla scocca un’asta con bandierina per rendere più visibile il mezzo a chi sta loro dietro.

(Ha collaborato Francesca Monzone)

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Lunedì 22 Giugno 2020 - Ultimo aggiornamento: 11:51 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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