il lancio di SpaceX

Tim Hughes, vicepresidente di SpaceX di Elon Musk, a Roma: «Pronti a partire per la Luna, poi il balzo su Marte»

di Paolo Ricci Bitti
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“Se il signor Yusaku Maezawa può cominciare a fare i bagagli? (ampio sorriso) Certo, il viaggio attorno alla Luna è confermato. E con lui, come previsto, voleranno anche alcuni artisti internazionali perché è ora che le emozioni dei viaggi spaziali vengano raccontate con il loro linguaggio”.

Parola di Tim Hughes, vicepresidente di SpaceX, ovvero il braccio destro di Elon Musk: americano, procuratore legale, un tipo tosto chiamato a un compito parecchio impegnativo. Oltre a mandare avanti la più innovativa azienda spaziale di sempre, deve incasellare fra i confini non sempre certi della legislazione “cosmica” le iniziative del suo visionario presidente che macina di continuo nuove e pantagrueliche idee per motivare i suoi tecnici e tenere alta la nostra attenzione, e quella degli investitori, sulle sue attività che comprendono anche Tesla (auto elettriche) e Hyperloop (treni superveloci). Parecchio impegnativo, insomma: e chissà che Hughes non peschi, durante i meeting con Musk, nelle sue precedenti esperienze professionali con i servizi segreti degli Stati Uniti.

“La pianificazione della missione lunare con la navicella Starship – garantisce - procede con regolarità di pari passo con lo sviluppo delle tecnologie che serviranno anche per il balzo verso Marte”.

Rilanciare sempre, stile Musk. E’ la prima volta che il 47enne, ben piantato, ciuffo castano, accetta di essere intervistato in Italia, che conosce bene, ne è innamorato: “Che meraviglia la mia luna di miele a Roma”.

Il vicepresidente di SpaceX è stato invitato nella Capitale a spiegare la costellazione di satelliti Starlink dalla Fiera di Roma che con la Fondazione Amaldi ha organizzato la prima edizione del New Space Economy Expoforum che fino al 12 dicembre riunisce i protagonisti internazionali del boom dell’economia spaziale in cui l’Italia gioca titolare, e in attacco.


Da sinistra, Roberto Battiston (Fondazione Amaldi) e Tim Hughes, SpaceX (Foto di Marco Santi Amantini)

“Dunque, Mr. Maezava (miliardario giapponese, ndr) e gli artisti, almeno 6, forse 8 - dice ancora - vedranno presto la Luna da vicino dai finestrini della Starship, portati lassù dal Big Falcon Rocket”.


Il recente incidente al primo prototipo della navicella (l’esplosione a terra di un serbatoio del carburante) non rallenterà la tabella di marcia di un’impresa che richiede investimenti da 5 miliardi di dollari e che aveva come obbiettivo inizialmente il 2023, poi persino anticipato di un paio d'anni?


“No, perché appunto si tratta di un prototipo usato per fare test: in ogni campo della conoscenza si impara dagli errori e dai fallimenti, per quanto riguarda lo spazio ancora di più”.

Anche arrivare all’affidabilità del sistema di riutilizzo del primo stadio del razzo Falcon 9 ha comportato la costosa perdita di alcuni vettori.


“Com’era naturale che fosse. Ma adesso abbiamo dimostrato, e per primi, che il futuro è il riutilizzo dei razzi e non solo per abbattere i costi, ma anche per avere garanzie sull’affidabilità. Se gettassimo alle ortiche ogni volta l’aereo che ci ha portato da New York a Roma sarebbe un pessimo affare: è per questo che fin dall’inizio SpaceX ha puntato sul recupero del primo stadio dei lanciatori e, con Starship, anche del secondo che ingloba la navicella. Siamo già a 75 lanci e abbiamo recuperato per 48 volte il primo stadio, riutilizzabile, almeno finora, per dieci volte”.


Ma stanno facendo buoni affari, con la richiesta schizzata alle stelle di portare satelliti in orbita, anche aziende che migliorano la strategia tradizionale del razzo “monouso”, vedi l’italiana Avio con la generazione di lanciatori Vega, o la giovane Rocketlab neozelandese con minimissili di appena 17 metri.


“A SpaceX guardiamo con interesse ogni iniziativa della concorrenza. Più aziende si occupano di spazio e più progressi si fanno, più informazioni sono disponibili. Però va ricordato che i nostri razzi riutilizzabili sono concepiti per portare in orbita, e anche oltre, carichi molto pesanti, nell’ordine di decine di tonnellate e, nel caso del BFR, di centinaia di tonnellate (150, più di ogni altro missile nella storia, compreso il Saturn V delle missioni Apollo che arrivò a 140, ndr)”.

Riutilizzare i vettori serve anche a ridurre i rischi di inquinamento spaziale o, peggio, di danni causati dalla caduta al suolo di rottami spaziali?

“Sì, la questione ambientale è fra le nostre priorità. Lo Terra e lo Spazio vanno rispettati e preservati per noi e per le future generazioni”.


Tim Hughes, SpaceX (Foto di Marco Santi Amantini)​


Ma il nostro pianeta resta a rischio altrimenti Elon Musk non starebbe progettando il piano B per portare l’uomo al sicuro su Marte. A quando la prima missione marzina?

“Per adesso non è possibile fissare una data, ma le previsioni non la fissano poi così lontana. Per il resto, fra i motivi che mi hanno spinto a entrare a SpaceX fin dal 2005 c’è la voglia di partecipare alla corsa verso la nuova frontiera dello spazio. Sono nato quando l’ultimo astronauta americano ha camminato sulla Luna (1972, ndr) e da bambino sono restato affascinato dall’epopea della missioni degli Space Shuttle, dal Columbia (1981) in poi, fra trionfi e anche drammatici incidenti. Anni indimenticabili, poi però è seguita una sorta di rallentamento delle attività spaziali, almeno in fatto di prospettive, di traguardi da raggiungere oltre l’orbita terrestre. Così non mi sono lasciato sfuggire l’opportunità di vivere l’avventura di SpaceX che con entusiasmo e fascino ha ridato slancio all’esplorazione spaziale: si punta alla Luna, a Marte, allo spettacolare turismo spaziale e pure a farci vivere meglio sulla Terra dotandola di una rete di comunicazione (i 4.400 satelliti di Starlink, operativi progressivamente a partire dall’anno prossimo, ndr) che a pieno regime coprirà finalmente ogni angolo del pianeta consentendo a tutti, a prezzi bassi, di connettersi alla rete, di far funzionare macchine, di sviluppare più velocemente i procedimenti alla base dell’intelligenza artificiale”.


Ecco, altri 4.400 satelliti in orbita non sono una bagattella: lassù c’è già il traffico dell’ora di punta e anche gli astronomi si sono lamentati di tutto quell’affollamento luminoso.

“Sull’inquinamento luminoso abbiamo ascoltato gli astronomi e presto faremo numerosi test anche con vernici scure per attenuare i riflessi dei raggi del Sole sui satelliti. Che saranno dotati di sistemi anticollisione e di rientro sicuro a quote basse dell’atmosfera attraversando la quale si disintegreranno totalmente senza lasciare così detriti in orbita e senza creare rottami in grado di raggiungere il suolo”.

Di recente la comunità scientifica ha espresso preoccupazione sulla salute di astronauti esposti alla radiazioni cosmiche per periodo prolungati e in ambiti più lontani dalla Terra rispetto all’orbita bassa della stazione spaziale internazionale o della Luna, con chiaro riferimento a una missione verso Marte.

“Certo, la sicurezza degli equipaggi sarà sempre al primo posto, ma siamo confidenti che la tecnologia a protezione dell’uomo progredirà mentre si sviluppa quella per portarlo sempre più lontano. Ci stiamo naturalmente lavorando anche a SpaceX in collaborazione con la Nasa e altri enti: di recente abbiamo presentato le nostre tute spaziali che avranno il loro ruolo anche nella tutela della salute degli astronauti”.


Elon Musk e Starship

 

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Martedì 10 Dicembre 2019 - Ultimo aggiornamento: 12-12-2019 10:52 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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