Gino Cecchettin: «I genitori e il fratello di Filippo Turetta saranno sempre i parenti di un assassino»

"Ci siamo messaggiati un paio di volte, del resto io non li conoscevo, non li avevo mai frequentati", prosegue il padre di Giulia

Gino Cecchettin: «I genitori e il fratello di Filippo Turetta saranno sempre i parenti di un assassino»
di Tiziano Graziottin
5 Minuti di Lettura
Lunedì 15 Aprile 2024, 12:31 - Ultimo aggiornamento: 17 Aprile, 08:11

Giulia non è stata dimenticata. A poco più di 5 mesi da quell’11 novembre, giorno della scomparsa della giovane universitaria (assassinata quella sera, si avrà certezza alcuni giorni dopo, per mano dell’ex compagno), la tragica vicenda non è stata sepolta nella memoria come uno dei troppi, terribili casi di femminicidio che la cronaca così spesso ci impone di affrontare. Il sorriso di Giulia è sempre lì a ricordarci che la violenza cieca e incomprensibile è più vicina a noi di quanto pensiamo. Il suo martirio ha scosso animi e coscienze: ne è ulteriore testimonianza la partecipazione- in termini numerici ma anche emotivi - agli incontri nei quali Gino Cecchettin presenta il libro “Cara Giulia. Quello che ho imparato da mia figlia”, realizzato insieme a Marco Franzoso, scrittore che con rara sensibilità ha saputo sciogliere il groviglio di sconforto, dolore, disperazione di un padre. Incanalando la rabbia in una lettera-racconto che sta scuotendo tantissime persone che da Padova a Milano, da San Donà a Saonara affollano i teatri per ascoltare le riflessioni, amare e al tempo stesso lucidissime del papà di Giulia. È stato così anche a Mirano, nell’incontro organizzato dall’Amministrazione comunale e segnatamente da Stefano Tigani, consigliere delegato per le vittime di reato.
«Tanta gente, sì - esordisce Gino Cecchettin - anche se mi è un po’ dispiaciuto vedere pochi ragazzi, pochi maschi intendo, tra il pubblico. È a loro soprattutto che dobbiamo parlare per provare a cambiare qualcosa».

Gino Cecchettin: «Ci sono momenti difficili in cui non riusciamo ad andare aventi. Giulia? Aveva la sindrome della crocerossina»

Una femminista storica come Lea Melandri ha detto che c’è stato un “prima e un dopo” il caso di Giulia, per effetto delle prese di posizione sue e di Elena.
«Penso che si sia fatto un piccolo passo avanti.

Un dato ad esempio mi ha colpito: da novembre in poi c’è stato un aumento di un terzo delle denunce da parte delle donne. Le stesse forze dell’ordine sembrano più reattive. La solidarietà per quanto accaduto alla mia famiglia mi aiuta, ma ancor più percepire una diversa consapevolezza».

In questi mesi lei è stato in un tritacarne mediatico. Come ha vissuto questa super esposizione?
«Ho scritto questo libro perchè lo dovevo a Giulia, se sono qui è proprio perchè sento di dover contribuire a un cambiamento. Ho avuto tanta solidarietà, il gesto di alcune persone mi ha commosso. Poi certo c’è stata anche cattiveria, inspiegabile».

Si è dato una spiegazione?
«Forse quelli che criticano si aspettavano che stessi in casa a piangere, a vivere il lutto con i miei figli tra le quattro mura. Ma per Giulia, per quello che le è capitato, non potevo farlo».

Nel libro scrive ad un certo punto che per dei post scritti diversi anni fa “l’ondata di odio che mi si è scaricata addosso mi ha sommerso e tolto il fiato”...
«Se è per quello mi hanno attaccato anche per situazioni attuali che non ho mai nemmeno pensato. Vedi la storia della mia possibile candidatura, un pensiero che mi è stato attribuito senza alcun aggancio con la realtà».

Con i genitori di Filippo Turetta, l’ex di Giulia, ci sono stati momenti di contatto dopo l’assassinio?
«Ci siamo messaggiati un paio di volte, del resto io non li conoscevo, non li avevo mai frequentati. Però mi capita di pensare a loro: io vivo il mio lutto, ricevo vicinanza, loro credo siano molto soli, sono i genitori di un assassino. E penso anche a cosa deve passare il fratello del suo ex, che vita avrà quel ragazzo».

Come sta ora?
«Tengo duro, ho due ragazzi ai quali devo dedicare tutto il mio sostegno e affetto. Però temo che il momento più difficile debba ancora arrivare. L’altro giorno ero al telefono, senza farci nemmeno caso mi sono seduto sul letto di Giulia. Quando ho chiuso la telefonata ho alzato la testa e visto un quaderno, era quello in cui Giulia aveva realizzato alcuni disegni del corso che aveva cominciato a seguire a Reggio Emilia. L’ultimo era del 9 novembre, poi solo pagine bianche. Sono le situazioni che mi riportano indietro, che fanno più male: quelle pagine resteranno bianche».

Come procede il progetto della Fondazione per Giulia?
«La costituiremo a fine estate, anche con i fondi che stiamo raccogliendo col libro (un piccolo fenomeno editoriale, ndr). Ma sono contento perchè alcune situazioni si sono già messe in moto. Mi ha colpito molto ad esempio che alcune persone si siano fatte avanti per offrire una casa dove accogliere le donne da collocare in ambienti protetti. E ancora che diversi professionisti si siano messi a disposizione per i team di assistenza che vogliamo mettere in campo per dare un aiuto concreto alle donne che si trovano in difficoltà».

Nel libro dice che ha voluto scrivere “per mettere a tacere la rabbia e dare un senso al dolore”.
«La volontà, il tentativo è questo. Noi uomini dobbiamo cambiare, questo è il punto. La chiave del libro penso stia in una frase: bisogna costruire un’alleanza tra sessi anzichè consolidare la prevaricazione di uno sull’altro».

© RIPRODUZIONE RISERVATA