Nato, il vertice Meloni-Stoltenberg: «Più aiuti sul fronte Sud». Escluso l’invio di truppe a Kiev

Assist del governo alle aziende Usa e Ue: premi negli appalti cyber

Nato, il vertice Meloni-Stoltenberg: «Più aiuti sul fronte Sud». Escluso l’invio di truppe a Kiev
di Francesco Bechis
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Giovedì 9 Maggio 2024, 08:49

Nessun assegno in bianco, neanche fra alleati. Si chiude con un equo scambio, o così lo vedono a Palazzo Chigi, un’ora di colloquio fra la premier italiana Giorgia Meloni e il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg a Roma. L’Italia continuerà a inviare armi a Kiev.

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Nel nono pacchetto ormai pronto al via c’è la tanto attesa batteria di missili Samp-T chiesta da Zelensky per difendere le città e altri missili anti-carro.

E farà il possibile il nostro Paese per aumentare le spese nella Difesa, tener fede all’impegno di raggiungere il 2 per cento del Pil speso nel comparto entro il 2028. La Nato in cambio si impegnerà di più sul fianco Sud. Cioè metterà sulla mappa l’Africa dei traffici di migranti e dei golpe armati, con due priorità: addestrare le forze di sicurezza dei Paesi nordafricani e i partner del Sahel e difendere le infrastrutture energetiche, soprattutto quelle sottomarine nel Mediterraneo.

L'incontro Meloni-Stoltenberg

Doveva essere un vis-a-vis formale, quasi obbligato, quello a Palazzo Chigi tra Meloni e Stoltenberg, la presidente di turno del G7, il capo della Nato ormai in scadenza che gira l’Europa chiedendo agli alleati di mettere più soldi sul piatto comune. Non è stato così. La rilevanza politica del vertice è nelle parole di Stoltenberg, che uscito da Palazzo Chigi ringrazia l’Italia per l’invio del Samp-T a Zelensky e nega fermamente l’esistenza di piani per inviare truppe armate a Kiev.

Un assist a Meloni che nell’incontro gli ha spiegato quanto l’ipotesi di un impegno armato in Ucraina incendi l’opinione pubblica italiana. Da giorni Matteo Salvini ci marcia sopra e attacca Macron: «Andassero loro a combattere in Ucraina, se ci tengono». Ma c’è di più. Il faccia a faccia è andato in scena mentre alla Camera, con il placet del sottosegretario Alfredo Mantovano, autorità delegata ai Servizi, il governo faceva approvare un delicatissimo emendamento al decreto cyber che riguarda da vicino l’Alleanza.

Lo scudo tech

D’ora in poi negli appalti pubblici che hanno al centro la fornitura di tecnologie cyber sensibili per la sicurezza nazionale sarà introdotta una corsia preferenziale per le aziende di Paesi europei e della Nato. Un decreto di Palazzo Chigi stilerà la lista ristretta degli «elementi essenziali della cybersicurezza» e introdurrà «criteri premiali» per «le proposte o per le offerte che contemplino l'uso di tecnologie di cybersicurezza italiane o di Paesi appartenenti all’Unione europea o di Paesi aderenti alla Nato». Di fatto, uno scivolo per le aziende alleate, europee ed americane. E un freno ai fornitori extra-comunitari, inclusi russi e cinesi e, salvo passi indietro, israeliani. Una piccola rivoluzione che racconta l’allineamento della destra al governo all’agenda atlantica. Meloni ha messo tutto questo sul tavolo.

Farà uno sforzo in più: convincere il riottoso alleato Viktor Orban, premier ungherese, a rimuovere il veto sulla nomina del premier olandese Mark Rutte a segretario generale. Un’altra moral suasion italiana - come quella andata in scena in Ue a febbraio sugli aiuti all’Ucraina, che potrebbe sbloccare l’impasse già alla prossima ministeriale Nato. In cambio però la premier chiede un segnale di attenzione. Anzi l’impegno concreto, al summit Nato di Washington a luglio, per i settant’anni dell’Alleanza, a occuparsi dell’Africa e del Mediterraneo allargato. A Roma preoccupa la situazione in Sahel, la terra di nessuno dove i mercenari russi della Wagner stringono patti di ferro con i regimi golpisti e le aziende cinesi fanno affari d’oro. Europa non pervenuta o quasi: con la Francia che batte in ritirata, l’Italia è fra gli ultimi Paesi europei a presidiare l’area.

Il nodo africano

Un’attenzione dimostrata, fra l’altro, dalla recente visita in Niger del generale Giovanni Caravelli, direttore dell’Aise. Ecco, l’auspicio espresso ieri da Meloni di «decisioni concrete in risposta alle sfide caratterizzanti il fianco Sud, in coerenza con l'approccio a 360 gradi alla sicurezza euroatlantica» dovrà trovare riscontro nei fatti. Ad esempio in programmi di addestramento delle forze armate dei partner nordafricani. E ancora, un piano a cui si lavora da mesi, nell’impegno Nato a proteggere le infrastrutture energetiche sottomarine che uniscono Europa ed Africa lungo i fondali del Mediterraneo e sono lo scheletro del “Piano Mattei” su cui ha scommesso Meloni.

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