La foto scattata la mattina del 5 gennaio in Arabia Saudita con la brina sulla carrozzeria della Audi Rs Q e-tron E2

Dakar 2023, il rally raid “ghiacciato” e blindato con pubblico solo virtuale. Oggi il riposo a Riad

di Mattia Eccheli
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RIAD – Dopo il gelo (Audi racconta che la mattina del 5 gennaio ha dovuto togliere il ghiaccio delle proprie auto: nella foto) e dopo le piogge torrenziali, sulla Dakar 2023 splende finalmente il sole. È ancora pallido, ma nell'unico giorno di riposo previsto durante le due settimane della corsa, quasi provvidenziale. Il “bivacco” è a ridosso dell'aeroporto in quella che è destinata a diventare una futura area residenziale. L'accesso è presidiato: le macchine che entrano vengono controllate con gli specchi (il sottoscocca) per verificare la presenza di eventuali esplosivi. I bagagliai vengono fatti aprire.

La quarta Dakar saudita è senza pubblico: è una massacrante prova da quasi 8.000 chilometri (solo a Damman si saprà veramente quanti ne saranno stati percorsi), la più dura di quelle ospitate finora tra il mar Rosso e il golfo Persico, con condizioni estreme e inattese, e un evento quasi esclusivamente mediatico. Né lungo il percorso, né al bivacco ci sono spettatori. Dopo gli attentati dello scorso anno alla vigilia della partenza le autorità locali hanno imposto una sorta di “embargo” sulle notizie relative agli spostamenti della carovana, un villaggio di oltre 3.000 persone con uno staff medico di oltre 60 medici che si muove ogni giorno. Non ci sono segnali, non ci sono indicazioni e perfino alle squadre determinate informazioni vengono fornite il più tardi possibile. La Dakar 2023 vive grazie agli altri canali suscitando un forte interesse, anche se solo virtuale.

Il paesaggio alla periferia della capitale è meno “romantico” di quanto si possa immaginare, perché la sabbia è attorno all'insediamento, che è invece sull'asfalto. Le scuderie sono sollevate, perché dopo giorni di acqua e straordinari umidi e notturni, le condizioni meteo del giorno di riposo sono le benvenute. Il “cannibale”, Sèbastien Loeb, l'uomo che ha vinto praticamente in ogni competizione cui ha preso parte, si è concesso per mezz'ora ai cronisti, poi si è ritirato e nessuno lo può più disturbare. Voleva vincere la Dakar, un successo che manca ancora nel suo più che invidiabile palmares, e si trova ad inseguire: è quarto della generale.

Gli equipaggi erano abituati ad un rapporto ben diverso con la gente, soprattutto in Sud America, dove era stata accolta dal quasi incontenibile entusiasmo della gente tra il 2009 e il 2019. In Arabia Saudita è tutto diverso, anche se la realtà virtuale consente a tifosi e appassionati di seguire i loro beniamini. Nel bivacco “blindato” c'è naturalmente di tutto, compreso il negozio ufficiale per l'acquisto di materiale vario, rigorosamente griffato. C'è la tenda per il catering, ci sono centinaia di canadesi per dormire e c'è il supporto per le gomme. Che per le moto sono Michelin, mentre per auto e quad sono Goodrich. Per l'intera gara ne servono almeno 3.000, il 40% delle quali per le due ruote. Delle gomme si occupa, per tutti, una squadra Goodrich di 14 persone: le scuderie intervengono solo sulla pressione. Vengono consegnate a 2,5 Bar, ma mai usate così gonfie: quasi sempre attorno o poco sopra 1,5 Bar, ma anche questa è una informazione che non viene fatta circolare. La scuderia Audi Sport, che puntava apertamente al podio con la sua Rs q e-tron E2 elettrica ad autonomia estesa, sta ragionando anche su questo parametro perché in due giorni ha rimediato 14 forature.

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Lunedì 9 Gennaio 2023 - Ultimo aggiornamento: 20:10 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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