Paolo Bedeschi e Daniele Bottallo accanto alla loro Toyota Bj71 del 1988 con cui gareggiano alla Dakar Classic

Dakar 2023, Paolo Bedeschi e Daniele Bottallo, chi è l'equipaggio italiano più vicino al podio fra tutte le categorie

di Mattia Eccheli
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RIAD – Dopo la prima tappa erano decimi, ma giorno dopo giorno sono risaliti fino alla quarta posizione. E senza i 50 punti di penalità che non sanno nemmeno di aver ricevuto («dobbiamo capire quando e per cosa ce l'hanno data», replicano al cronista che li informa) sarebbero sul podio. Sono Paolo Bedeschi di Faenza, 66 anni portati benissimo, e Daniele Bottallo, 42 anni di Torino con una laurea al Dams e un'occupazione da fotografo. Sono iscritti alla Dakar Classic, più corta rispetto a quella “originale”, ma comunque impegnativa.

Nel giorno di riposo, al bivacco blindato allestito a Riad, non troppo lontano dall'aeroporto della capitale saudita, per trovarli occorre arrivare fino quasi in fondo al “campo”, vicino alla scuderia Tecnosport che fornisce loro il supporto tecnico. Hanno una cassetta degli attrezzi aperta e sono accanto alla loro Toyota Bj71 del 1988 che l'ex meccanico romagnolo ha sistemato con tre mesi di lavoro al ritmo di otto ore al giorno riportando l'auto alle condizioni iniziali perché uno dei proprietari precedenti l'aveva trasformata in un pick-up. Bedeschi abbina la passione per le auto (qualche gara di auto d'epoca l'ha fatta assieme alla moglie Manuela) a quella per i viaggi. «Se farò un'altra Dakar dopo questa? Non so, perché la seconda volta non è mai bella come la prima. Ma mi piacerebbe», ammette. Poi sorride: «La cosa più difficile per me è alzarmi tutti i giorni alle tre e mezzo del mattino. Se partissimo alle nove sarebbe perfetto».

Bottallo è il suo navigatore: si è specializzato in questo ruolo anche nelle corse che ha fatto con il padre, Walter, che gli ha tramandato la passione per le auto e per questo tipo di corse. Nel 2022, quando l'equipaggio di famiglia ha vinto la Baja 800 con una Fiat Panda con vent'anni di anzianità, aveva conosciuto il suo attuale pilota. «È ovvio che preferirei avere un volante in mano, ma un po' mi consolo». Alla domanda sul perché trovi in qualche modo conforto, il 42enne piemontese risponde scherzando: «Gli inglesi dicono che se al navigatore togli il cervello può fare il pilota». Betteschi ride assieme a lui.

Per Daniele la cosa più difficile è pensare al “dopo Dakar”: «A me piace il mio lavoro e quello che faccio e sto bene con la mia fidanzata, ma mi preoccupo di quando dovrò tornare alla realtà», osserva. La voglia di partecipare al rally raid è cresciuta con gli anni, sfogliando un libro della biblioteca di papà: “Il prezzo era alto: i dieci anni della Parigi Dakar”, di Paolo Scalera e Luigi Soldano. «Ho consumato le pagine e essere qui, adesso, è l'apoteosi», dice. In realtà, i due debuttanti non sono dei partecipanti qualsiasi: fra tutte le categorie, nessun italiano (e gli iscritti del Belpaese erano una settantina, di cui la maggior parte proprio alla Dakar Classic) è più vicino di loro al podio (fra l'altro hanno vinto una tappa e in un'altra sono arrivati secondi). «Quando ero stato contattato dall'organizzazione che voleva scrivere il profilo e aggiungere alcune note – conclude Bedeschi – avevo detto che esserci era già bella cosa, ma che anche vincere non sarebbe stato mica male».

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Martedì 10 Gennaio 2023 - Ultimo aggiornamento: 12-01-2023 09:37 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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