Stéphane Peterhansel, il pilota dell'Audi Monsieur Dakar

"Monsieur Dakar", il deserto ed i rivali s'inchinano a Stéphane Peterhansel

di Giorgio Ursicino
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Prima del via, mai la tensione era stata tanto alta. Prototipi estremi per potenza, capacità di superare gli ostacoli. Soprattutto spianare le dune, anche le più alte. La Dakar chi sceglierà quest’anno come suo cavaliere? Eh sì, tutti lo sanno: nessuno può sognare di vincere la maratona del deserto, se lei non è d’accordo. Proprio come avviene a Le Mans che ha disarcionato cavalieri certi di aver dominato a pochi minuti dal traguardo. Certo, tutti sono curiosi di vedere le performance della prima astronave a trazione “full electric” che affronterà l’ignoto. L’impressione prima di vederla all’opera è che possa fare bye bye a tutti i rivali se le asperità del terreno non mineranno l’affidabilità. Fra i driver, non c’è dubbio, c’è qualcuno che ha sulla pistola più tacche di tutti, senza confronto. Fra i partenti ci sono fenomeni con quasi 20 Dakar sulle spalle e che ne hanno vinte almeno 3: l’alfiere della Toyota Nasser Al Attiyah ed “el matador” dell’Audi Carlos Sainz, omonimo e padre del Carletto della Ferrari che è arrivato quinto quest’anno nel Mondiale Piloti di F1.

Al via dal 2016 c’è anche Sebastien Loeb, Mister Rally, l’unico in grado di dominare 9 Campionati del Mondo, per di più consecutivi. Il francese alla Dakar è salito due volte sul podio, chiudendo anche secondo, e spera tanto che nel 2022 la “corsa” scelga proprio lui. Questi assi del volante sembrano dei “parvenu” se confrontano il loro curriculum nella “corsa” con quello di Stéphane Peterhansel, “Monsieur Dakar”. Francese anche lui, di maratone ne ha vinte 14, 6 in moto e 8 in auto, 2 record assoluti che fanno del totale un bottino inarrivabile. Stéphane è un tipo semplice e cordiale. Saluta chi incontra e cammina con i piedi per terra, nonostante sia l’unico a considerarsi umano. Ecco l’asciutto commento mentre a Jeddah sta preparando la partenza: «Fra qualche anno le auto al via saranno tutte elettriche. Audi apre la strada e non potevo mancare.

Mi accontenterei di arrivare fra i primi 5...». Realista, modesto o pinocchio? Gli avversari scommettono tutti per il figlio di Geppetto. Peterhansel nasce nel 1965 e corre quando ancora non potrebbe, come i veri “enfant prodige”. Nell’81, a 16 anni, con una Husqvarna, sbanca il Campionato Nazionale Enduro, titolo che conquista altre 10 volte in carriera. Nel 1987, a 21 anni, lo chiama la Yamaha per fare da scudiero a due autentici monumenti come Hubert Auriol e Cyril Neveu. La scuola è buona. Deve però mangiare 4 anni di polvere prima di conquistare la Regina. Dal ‘91 al ‘98 la Dakar s’innamora di lui ed è primo 6 volte in Senegal.

L’anno successivo passa alle auto. Sembra il prepensionamento a poco più di 30 anni. Per 5 deve guardare qualcuno più in alto di lui sul podio del Lago Rosa sulle sponde senegalesi dell’Atlantico. Prese le misure con le quattro ruote, non ce n’è più per nessuno. Domina 3 volte con il Pajero della Mitsubishi, poi si sposta alla corte di Sven Quandt (l’uomo che guiderà la spedizione Audi in Arabia) dove fa doppietta con la Mini. Poi c’è l’era Peugeot (due vittorie) prima di tornare alla Mini e trionfare ancora. Sarà che un tipo così, a 57 anni, si accontenta di arrivare fra i primi 5...

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Domenica 9 Gennaio 2022 - Ultimo aggiornamento: 10-01-2022 12:43 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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