Una Tesla Roadster

Auto green, pedale sull’acceleratore nelle aree dove politica e opinione pubblica sono sensibili ai problemi ambientali

di Nicola Desiderio
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Auto con motore a combustione interna, ci sarà l’addio. Ma quando? Nell’Unione Europea la decisione sembra oramai presa: nel 2035 dai concessionari ci sarà posto solo per auto ad emissioni zero, ed è una data che, nonostante appaia lontana, è dietro l’angolo se si parla di industria, infrastruttura e generale impatto su abitudini, organizzazione e società. E c’era anche qualche paese che avrebbe voluto fissare prima questa scadenza tanto che nel marzo del 2021 nove paesi membri (Austria, Belgio, Danimarca, Grecia, Irlanda, Lituania, Lussemburgo, Malta e Olanda) avevano fatto arrivare in Commissione Europea un documento che chiedeva di accelerare la transizione.

La campionessa mondiale di prescia per l’elettrico è sicuramente la Norvegia che ha fissato nel 2025 l’ultimo anno in cui potrà essere venduta sul suo territorio un’auto dotata di tubo di scarico, ma ha preparato questo passaggio con un programma imponente di incentivi e di disincentivi che hanno portato già il mercato al 77,7% di vendite di auto elettriche ed un altro 10% di ibride plug-in. L’unico paese che gli sta dietro, a grande distanza, è l’Olanda (dove ci sono il 29% di tutte le colonnine installate in Europa) che è al 21% di elettrico e, per citare i grandi mercati, la Germania è al 14,8% e la Francia è al 12,7% mentre l’Italia è al 3,6%. Nel 2021 in Europa l’elettrico è valso il 9,1% delle vendite mentre nel terzo quarto dell’anno in corso ha l’11,9%. Da noi dunque si marcia a più velocità verso la transizione e, appena fuori, il Regno Unito ha già deciso lo “switch-off” del motore a scoppio per il 2035 ritardandolo di 5 anni rispetto alla prima decisione, intanto sono diversi i costruttori che indicano nella fine del decennio il definitivo abbandono dei pistoni, a cominciare proprio dal mercato del Vecchio Continente dove il quadro legislativo per le emissioni è il più stringente. 

I costruttori europei hanno già lanciato il grido d’allarme indicando in modo unanime, ma con toni differenti, il pericolo numero uno: la Cina. Chi è stato più chiaro di tutti è stato Carlos Tavares che, in occasione del Salone di Parigi, ha chiesto a chiare lettere di ergere un muro contro i costruttori del Dragone in nome della reciprocità visto che lì è da sempre d’obbligo costituire una joint-venture con un costruttore locale per avere accesso a quello che da anni ormai è il mercato e il costruttore d’auto più grande al mondo.
Il problema è che ormai i cinesi sono entrati nelle stanze alte dell’industria europea e siedono in alcuni board. Il governo di Pechino pensa anch’egli al 2035, ma per vendere almeno il 50% delle auto elettriche, ibride plug-in e fuel cell mentre il resto sarà ibrido. Intanto oggi già il 22% delle auto vendute nei primi 9 mesi del 2022 sono elettriche, e parliamo di oltre 3 milioni di unità con la previsione che alla fine dell’anno saranno 4 milioni e mezzo. Ma quello che fa paura a tutti è che la Cina è di gran lunga il maggior costruttore di celle e batterie nonché controllore per l’80% della materia prima per costruirle: le terre rare. Nella provincia di Hainan pensano di fare anche meglio raggiungendo già nel 2030 il 45% di elettrico attraverso misure di interdizione locale ad auto che non siano ad emissioni zero. E da questo punto di vista, sono molte le città che hanno già deciso di chiudere le porte ai veicoli dotati di tubo di scarico. Parigi e Madrid lo faranno già dal 2025, nel 2030 sarà la volta di Amsterdam, Barcellona, Bruxelles, Città del Capo, Copenhagen, Los Angeles, Milano, Washington e altre ancora.

E a proposito degli USA, il presidente Joe Biden ha deciso che nel 2030 il 50% delle automobili vendute nell’Unione saranno elettriche e, per arrivare a questo obiettivo, già sta iniettando nel sistema industriale nazionale decine e decine di miliardi di dollari proteggendolo con la clausola che vincola gli incentivi al consumatore con la provenienza americana delle materie prime. La California, come da tradizione, vuole fare ancora meglio e ha fissato nel 2035 l’anno dell’addio completo ai carburanti fossili per le automobili e i truck. Faranno altrettanto altri stati americani e anche il Canada, ma con la possibilità per i singoli stati di decidere. Quebec e British Columbia si sono già allineati. E che cosa hanno deciso Giappone e Corea?
Anch’essi sono potenze sia per la costruzione di automobili sia per le batterie e, più che concentrarsi sulle emissioni locali, hanno posto come unico obiettivo chiaro raggiungere il bilancio nullo delle emissioni nel 2050.

Il governo di Seoul sembra orientato verso una scadenza compresa tra il 2035 e il 2040 e non avrà difficoltà a farlo perché, secondo un sondaggio commissionato da Greenpeace e dal sindacato metalmeccanico Korean Metal Workers’ Union, 8 lavoratori su 10 vorrebbero azzerare le emissioni di tutte le auto nuove dal 2035. A Tokyo invece stanno ancora decidendo se e con quale ritmo operare la transizione per il mondo dei trasporti. Lì dove il sole sorge, per il tramonto dei pistoni c’è sempre tempo.

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Mercoledì 30 Novembre 2022 - Ultimo aggiornamento: 10:15 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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