Fernando Alonso al volante della Toyota TS050

Fernando Alonso scrive il Il Messaggero: a Le Mans per vincere, un sogno che s’avvera

di Fernando Alonso
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LE MANS - Finalmente. Questa è la prima parte di un altro sogno che si avvera. Disputare la “24 Ore”. La seconda è quella di vincere una gara prestigiosa, mitica. Nel 2014 avevo avuto l’occasione di fare una prova con una vecchia Ferrari, la 512S del 1970, ma le macchine cambiano così velocemente nel corso degli anni, che le sensazioni provate allora non avevano più un significato. Ho soltanto un vago ricordo di quel giorno, mi sembrava di trovarmi nel nulla, ci volevano minuti per percorrere quei lunghi rettilinei, non capivo se ero su una pista o su una superstrada sperduta. Recentemente mi sono allenato molto al simulatore. Può servire per conoscere meglio il tracciato, ma non basta. Bisogna guidare sulla Sarthe una supercar come la Toyota TS050 Hybrid per verificare le condizioni reali, la velocità, provare le modifiche, trovarsi nel traffico ed effettuare un buon numero di giri spingendo al massimo. È una grande sfida. Ora sono pronto.
 

 

Quando mi sono preso questo impegno non mi ero reso bene conto delle difficoltà che avrei dovuto affrontare. Non tanto per il mio compito da pilota, quanto per il pensiero di non avere più un momento di sosta, di riposo vero. Con la Formula 1, prima il GP di Monaco, con un intermezzo di lavoro al simulatore alla Toyota, le prove a Le Mans, quindi la gara in Canada, e il ritorno in Europa, senza passare da casa per venire qui. Ho dovuto programmare tutto nei minimi particolari, ora per ora, non si possono commettere errori.

Sono stato in modalità risparmio energetico. Quando sono arrivato, ho cercato di essere rilassato con la squadra, di dormire presto, trovare la calma, di non sprecare le forze. Mi è servita molto, come preparazione, la gara di Spa che abbiamo vinto. Nel circuito in Belgio ho potuto apprezzare la qualità del lavoro fatto dalla squadra e dai miei compagni Buemi e Nakajima. Siamo partiti con un programma preciso, una strategia che abbiamo eseguito alla perfezione, dall’inizio sino alla fine della corsa. Lo abbiamo fatto bene. Ho avuto in quel primo approccio con il campionato WEC, scoprendo molte cose: l’integrazione obbligatoria con tutto il team, l’applicazione, appunto della tattica decisa, il lavoro dei pit stop. È stato come ripassare una lezione. Avevo studiato, ma mancava ancora un esame reale, concreto. Il mio addestramento però era già iniziato prima. Avevo visionato la registrazione di 16 ore di telecamere di bordo della macchina raccolte nella gara dello scorso anno. Mi sono informato dell’attività di pista, di come si trascorre il tempo passato al box. Ho visto di tutto, qualcosa anche di altre gare precedenti, i video di tutti i giri effettuati durante le qualificazioni. Insomma, si è cercato di non lasciare nulla al caso.


Molti sono convinti che siamo noi i favoriti. È vero ma dobbiamo combattere anche contro noi stessi oltre che con gli avversari. Questa è una gara nella quale i fattori di rischio sono tanti: dal meteo all’uso degli pneumatici, dai possibili errori al traffico. Non bisogna sottovalutare la velocità e la determinazione dei rivali. Le migliori LMP1 private sono, a priori, una delle Rebellion e una delle SMP Racing. Quasi tutti i loro piloti hanno già precedenti esperienze in questa categoria e, soprattutto, hanno delle macchine molto competitive sul piano delle prestazioni pure. A livello di guida parliamo di Andre Lotterer, considerato attualmente il migliore del mondo nell’endurance, Neel Jani, specialista nelle qualifiche e Bruno Senna che vanta grande esperienza. Un equipaggio che non ha nulla da invidiare agli altri.

Lo stesso si può dire di quello dell’SMP con Vitaly Petrov e Mikhail Aleshin, ai quali si è aggiunto Jenson Button che non ha una conoscenza specifica della categoria. Ma conosco bene Button: è un pilota fortissimo che si sa adattare a tutte le situazioni. C’è chi pensa che potremmo disputare una corsa basata solo sulla nostra regolarità, senza spingere al massimo per evitare di provocare problemi di usura o meccanici. Ma non possiamo viaggiare al 75/80 per cento della potenzialità, la macchina è fatta per girare in una finestra di lavoro specifica.
Se rallenti, le gomme non funzionano, la tenuta di strada diventa precaria e non si recupera tutta l’energia necessaria per usarla quando serve. L’anno scorso in gara, Buemi lo ha fatto brevemente perché aveva un buon vantaggio e si è persino trovato con le ruote bloccate perché i freni non erano nella temperatura giusta. Non puoi rallentare, devi andare sul ritmo giusto. Questa è la condanna della Toyota.

C’è una sola grande differenza a Le Mans, rispetto alla Formula 1. Si può sorpassare. Però il livello della competizione è molto elevato. Ci sono condizioni di grande stress, bisogna evitare di sbagliare, girando per così tanto tempo puoi trovare condizioni di pista sempre differenti. In questa ottica è una corsa molto difficile. Però è quello che cercavo. Fisicamente sono in forma. Onestamente non so se avrei potuto affrontare una sfida del genere dieci anni fa, avevo meno esperienza e forse sarebbe stato addirittura un errore. Oggi però sono certo di potercela fare. Per il mio modo di vedere le corse, sono pronto a portare avanti più progetti. Voglio conoscere il motorsport in tutte le sue sfaccettature, vivendo altre categorie come il WEC e la Indy.

È molto speciale essere qui. Tutto è molto grande. Il paddock è enorme e la pit lane anche. Lo senti anche quando sali in macchina. Sei in un posto speciale dove è stata fatta la storia. E ti senti speciale per correre qui. Rafa Nadal sarà lo starter, per me è un modello di riferimento. Spero che mi porti fortuna. Voglio essere il miglior pilota del mondo. Per dimostrarlo devi vincere con vetture diverse e delle volte devi uscire dal piccolo mondo della Formula 1.

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Venerdì 15 Giugno 2018 - Ultimo aggiornamento: 16-06-2018 17:47 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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