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LE MANS - La Porsche vince ancora la 24 Ore di Le Mans e porta a 19 le coppe conquistate in Francia, la terza consecutiva, stavolta arrivando davanti a due vetture Oreca-Gibson della categoria LMP2, la numero 38 del team Jackie Chan DC Racing guidata da Tung-Laurent-Jarvis e la numero 38 del team Rebellion Vaillante condotta da Piquet-Hansson-Beche, con la Toyota che ha invece alzato bandiera bianca nonostante partisse con gli onori del pronostico.
Toyota si presentava da favorita. Le TS050 arrivavano a Le Sarthe con due vittorie nelle prime due gare del calendario del WEC, ma soprattutto avevano dimostrato uno strapotere prestazionale pressoché assoluto nelle prove libere e infine nelle qualificazioni durante le quali Kamui Kobayashi aveva battuto il record assoluto della 24 Ore di Le Mans con un 3’14”781 a 251,8 km/h di media, migliore di quello stabilito nel 1985, ma con ben 3 lunghe chicane in meno, due sul rettilineo di Mulsanne dove le vetture erano arrivate a superare i 400 km/h. I prototipi attuali, dotati di propulsione ibrida da mille cavalli e trazione integrale, hanno non solo battuto la forza centrifuga, ma anche il regolamento che le aveva penalizzate aerodinamicamente per farle girare 5 secondi più lente ed invece le ha viste battere addirittura di 2 secondi il record stabilito nel 2015 con l’attuale tracciato.
I primi scricchiolii arrivano al buio. La corsa vive in modo relativamente tranquillo fino alla quarta ora di gara quando la Porsche 919 Hybrid numero 2 di Bernhard-Bamber-Hartley deve rientrare al box e rimanerci per quasi un’ora. Tranne uno stint, è la Toyota TS050 numero 7 di Conway-Kobayashi-Sarrazin a menare le danze sin dall’inizio facendo capire alla tedesca numero 1 di Jani-Lotterer-Tandy che oggi non ce n’è, anzi deve vedersela dalla numero 8 di Buemi-Davidson-Nakajima mentre la numero 9 di Lapierre-Kunimoto-Lopez ha impostato una gara decisamente più lenta che la porta ad accumulare presto un ritardo di un giro. Il primo colpo di scena arriva verso le 22:45 quando Buemi rientra ai box con la vettura che fuma dai parafanghi anteriori e ha un principio di incendio. I tecnici la portano nel box e sostituiscono avantreno e motogeneratore anteriore, ma ci mettono 1 ora 57 minuti con 29 giri di ritardo.
All’una la Fortuna cala i suoi colpi. Nel frattempo però succede il finimondo perché, 45 minuti dopo la mezzanotte, mentre si appresta a percorrere il rettilineo di fronte ai box, il battistrada Kobayashi rallenta di colpo. Fosse successo 2-300 metri prima avrebbe potuto imboccare la via dei box invece deve percorrere 13 km e mezzo con la prima innestata a 60 km/h. Si ferma una prima volta, una seconda e poi una terza fino a quando alle 1:09 deve arrendersi. L’unica speranza è la numero 9 guidata da Lapierre, ma 6 minuti viene centrata da una Manor che sta uscendo dalla pitlane andando in testa-coda e riportando gravi danni. Ironia della sorte, anche lui deve farsi tutto il giro per sperare di rientrare ai box e anche lei si ferma e riparte per 3 volte, ma deve arrendersi alle curve Ford, a 400 metri dall’ingresso dei box.
L’altra Porsche e la delusione di Toyoda. È il via libera alla Porsche numero 1 che dura però a poco meno di 4 ore della fine quando anche la 919 di Lotterer si ammutolisce. Ora in testa ci sono tre LMP2 in testa alla corsa con la Porsche numero 2 a 9 giri facendo profilare una situazione simile al 1995 quando una McLaren F1 riuscì a battere i prototipi. Ma il passo dell’altra Cavallina è tale che ad un’ora e 7 minuti dalla fine prende la testa della gara e non la lascia fino alla fine. La Toyota numero 8 recupera fino al 9° posto, ma le facce al box sono scure, a cominciare da quella del presidente Akio Toyoda, venuto a Le Mans per la prima volta, con ben altre attese. Alla fine la faccia sconsolata di Sebastien Buemi, che rimane dentro la sua TS050 con lo sguardo assorto, è l’immagine di un costruttore che deve rimandare ancora una volta l’appuntamento con al vittoria e di un pilota che, dopo aver vinto le prime due gare del WEC, si aspettava un altro epilogo per una gara che vale più di qualsiasi campionato.
Aston Martin nelle GTE-Am, Ferrari nella GTE-Am. Bellissima la battaglia tra le GTE-Pro dove l’Aston Martin numero 95 ha avuto la meglio sulla Corvette C7.R, dopo un emozionante corpo a corpo che l’ha logorata a tal punto da dover cedere anche il secondo posto alla Ford numero 67 di Tincknell-Priaulx-Derani che ha portato al traguardo anche tutte e le tre sorelle dimostrando ancora una volta un’affidabilità eccezionale. La Ferrari si è dovuta accontentare del quarto posto, con la numero 71 di Rigon-Bird-Molina dell’AF Corse, mentre ha fatto il pieno nella GTE-Am, riservata agli equipaggi con due piloti su tre non professionisti, dove la Rossa ha monopolizzato il podio con tre team diversi. La Porsche dunque fa quello che nel linguaggio delle corse si chiama Hat Trick e stampa con forza ancora maggiore il proprio nome nella storia di questa corsa che anche quest’anno ha regalato, nel bene e nel male, grandissime emozioni.