Alicia Giménez-Bartlett: «Adoro Camilleri, ma non mi parlate di Agatha Christie»

La scrittrice spagnola ospite al Salone di Torino parla di "La donna che fugge"

Alicia Giménez-Bartlett: «Adoro Camilleri, ma non mi parlate di Agatha Christie»
di Riccardo De Palo
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Giovedì 9 Maggio 2024, 07:40 - Ultimo aggiornamento: 15:17

«È una trama complessa, questa volta. Molto di più che in altri libri precedenti di Petra. Volevo che questo gioco mentale tra il lettore e l’autore fosse centrale, forte». Alicia Giménez Bartlett parla del suo ultimo romanzo sulle indagini dell’ispettrice Petra Delicado, intitolato La donna che fugge, appena uscito per Sellerio e già secondo tra i più venduti. Un cadavere viene ritrovato dentro un furgone di un ristorante all’aperto... «In Spagna ha avuto più successo rispetto ai libri precedenti, i critici si sono sperticati in elogi, hanno scritto che sono una maestra, la migliore. Forse hanno pensato alla mia età me e si sono detti: “facciamole questo omaggio finché è in vita”», aggiunge con una risata l’autrice spagnola, classe 1951, che sarà la star del Salone del libro di Torino (che inizia oggi) domani alle 12, quando presenterà il suo libro con Lella Costa. Iniziano intanto il prossimo 13 maggio le riprese a Genova della terza stagione di Petra, la serie Sky diretta da Maria Sole Tognazzi, con Paola Cortellesi nel ruolo principale, affiancata da Andrea Pennacchi.


Come ha trovato la trasposizione tv del suo personaggio? Non Barcellona, ma Genova...
«Alla fine mi è piaciuta, gli attori sono fantastici. Pensi che, vent’anni fa, hanno girato un’altra serie su Petra, e l’hanno ambientata a Madrid. Povera Barcellona, non gliene va bene una. Ma Paola Cortellesi è bravissima, così come Andrea Pennacchi. C’è solo un dettaglio che non mi è piaciuto...»

Alicia Giménez Bartlett (Foto di Alessandra Fuccillo)


Quale?
«L’animale di compagnia di Petra, la tarantola. Né Petra né io la amiamo. Se ne vedo una, l’ammazzo immediatamente, o chiamo i pompieri (ride, ndr). E poi mostra un carattere della persona ombroso che non le corrisponde». 


Quest’ultimo libro rappresenta un cambiamento profondo rispetto ai precedenti?
«A me non piace scrivere gialli secondo la moda del momento, molto violenti, con tanto sangue e anche qualche tortura. Secondo me il giallo ha altre modalità di svolgimento: dev’essere più mentale che fisico. Dopo questo libro Petra sarà diversa rispetto a prima».


Preferisce Agatha Christie o Camilleri?
«Lei non mi piace particolarmente, la trovo troppo stereotipata. Preferisco i classici americani, o appunto questa nuova scuola mediterranea: Petros Markaris, Andrea Camilleri, Carlo Lucarelli».


Nella “Donna che fugge”, Petra duetta sempre con il suo vice, Fermín Garzón. Come è cambiato il loro rapporto nel tempo?
«Alla fine sono diventati buoni amici.

Si conoscono benissimo. Sanno tutto l'una dell'altro. Si fanno confidenze. Questa volta si vede bene che a Petra importa di Garzón e che, allo stesso modo, per lui, l’ispettrice è una donna con cui si può parlare in maniera sincera».


Quanto sono femministi i suoi gialli?
«Tutto ciò che non è stupido è femminista. In tutta la mia serie di libri su Petra, non c’è un femminismo teorico, ma piuttosto... logico. Il cambiamento della donna nella nostra epoca».


Come è nato il personaggio di Petra Delicado?
«Alla fine degli anni Novanta avevo finito un romanzo molto difficile, Una stanza tutta per gli altri, su Virginia Woolf. È stato un lavoro durissimo, quasi accademico. Sono andata a fare ricerche negli Usa e a Londra. E dopo, ero stanca di questa storia così seria. Mi sono detta: perché non scrivere un giallo? Le donne avevano sempre ruoli secondari, come personaggi di appoggio, oppure mogli dei poliziotti. Bisognava scrivere un romanzo con una donna come protagonista. Credevo che fosse per un solo libro...»


E invece?
«È piaciuto così tanto al mio editore, alla gente... Mi dicevano: “Perché non continui?” E così è nata la serie su Petra».


È vero che si è ispirata a Patricia Cornwell e alla sua anatomopatologa Kay Scarpetta?
«Non del tutto, ma ho constatato che quel tipo di giallo permetteva molte cose: il ritratto psicologico, lo sguardo sulla società. In seguito i suoi libri sono cambiati, ma all’inizio pensavo che si potesse fare una cosa del genere, trasportandola a Barcellona. In seguito Scarpetta diventa un po' troppo sensibile, troppo femminile. Adora la sua nipotina e piange. Penso che una donna debba essere più tosta».


Quali sono i temi dei suoi libri ai quali tiene di più?
«Essenzialmente, il cambiamento. Della vita, della società. Il modo di trattare le persone. I social. A volte Petra e Garzón non ci capiscono niente, o diventano critici: vuol dire che stanno invecchiando, finalmente».


Contenta di tornare in italia?
«Sì, perché qui il successo comporta anche l’amore. I miei libri non vengono soltanto letti, ma anche amati. Petra viene vista un po’ come un’amica e me lo dicono con un abbraccio. Un po’ di amore extra in questo momento della vita è importante, mi fa un bene straordinario». 

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