Quello che si è appena concluso, sicuramente, passerà alla storia come l’anno horribilis di inizio millennio. Il mondo ha scoperto il Covid, un nemico assai cattivo e subdolo. E la pandemia che ha scatenato si è portata via tante persone e ci ha dato molto dolore. Abbiamo imparato a conoscere il lockdown, la paura del contagio, la quarantena. Non c’è dubbio che la cosa più importante da preservare è stata senz’altro la salute e la vita stessa. Ha avuto ripercussioni importanti, però, anche l’economia, pesantemente fiaccata in molti settori dalle chiusure, dalle limitazioni e dalla paura che ha consigliato di rinviare gli acquisti non indispensabili. La tempesta si è abbattuta anche sul settore dell’auto che stava affrontando il delicato passaggio della transizione energetica per approdare alla mobilità sostenibile e alla società “carbon free”.
L’uragano, come spesso avviene, ha lasciato sul tappeto un doppio effetto. Da una parte ha raffreddato gli entusiasmi, penalizzando le vendite; dall’altra ha spinto, insieme agli eco-bonus, i consumatori verso i modelli di nuova tecnologia, zero emission o, in ogni caso, elettrificati. Ha addirittura aperto il dibattito sull’idrogeno, un vettore energetico ancora al di là da venire. È una reazione spontanea: quando c’è incertezza, l’umanità si spinge verso beni che mettono al riparo, danno più certezze, garantiscono il futuro. Quale migliore assicurazione di un veicolo a batterie che viaggia ad energia pulita, non fa rumore e annulla l’inquinamento?
Per vedere cosa è accaduto e cosa avverrà nell’automotive, abbiamo chiesto a Massimo Nordio, il ceo di Volkswagen Group Italia che da trent’anni lavora nel settore ed ha, senza dubbio, un punto di vista molto fondato. La sua azienda, infatti, oltre ad essere il più grande costruttore del mondo è anche il primo estero nel nostro paese, ha già lanciato la sfida per la leadership nelle auto elettriche alla Tesla di Elon Musk, le più rispettose dell’ambiente.
Dottor Nordio, ci siamo messi alle spalle un anno molto difficile. Com’è andata per l’auto?
«Il 2020 si è chiuso poco sotto l’1,4 milioni di nuove vetture, in linea con le previsioni e le aspettative. È stato un periodo sull’otto volante, con cali repentini e recuperi altrettanto improvvisi».
A cosa è dovuto questo stop and go?
«È evidente che abbiamo risentito delle dinamiche della pandemia. Il primo lockdown è stato tosto, eravamo tutti poco preparati ad una situazione del genere. C’è stato un fermo quasi totale delle vendite per almeno due mesi e mezzo».
E poi? Un po’ di ripresa c’è stata...
«Il mercato è ripartito con un buon passo, tutte le reti di vendita hanno fatto molto. Ma a spingere il business sono state fondamentalmente due motivi».
Di che cosa parliamo?
«Da una parte, ha influito il lungo periodo di fermo. Il parco circolante italiano è grande e non si può dire che sia dei più giovani, quindi un certo numero di automobilisti ha bisogno di rinnovare la propria auto. C’è stata una sorta di effetto molla».
E dall’altra? Cosa ha spinto la domanda?
«Senza dubbio un boost è arrivato dagli eco-incentivi. I bonus hanno aiutato molti a prendere la decisione che era arrivato il momento di acquistare una nuova auto».
Quindi non è stato proprio un disastro.
«Visti i presupposti e le gravi difficoltà oggettive, secondo me il settore si è mosso bene, è riuscito a rispondere al meglio. Anche nel 2013 abbiamo consegnato poco più di 1,3 milioni di nuovi esemplari e siamo riusciti a superare quel momento difficile. Diciamo che abbiamo visto anche di peggio».
Quindi è ottimista, il brutto è passato. Cosa accadrà quest'anno?
«Non direi che il brutto è passato. La situazione resta fluida e anche molto complessa. Bisogna monitorare con grande attenzione due aspetti che sono decisamente in costante evoluzione».
Esattamente di cosa si tratta?
«Il principale è la crisi sanitaria, il Covid non è ancora sconfitto. Viviamo con l’incubo lockdown anche se adesso sono arrivati i vaccini. Nessuno può dire con precisione cosa accadrà nel breve periodo, quando la situazione si normalizzerà».
C’è un secondo aspetto che la preoccupa?
«Le ripercussioni che potrà avere la pandemia sul tessuto economico, l’impatto che ha già causato. Ci sono interi settori che sono parte dello scheletro portante della nostra economia che sono stati quasi azzerati o decimati. Quindi nel 2021 la massa di risorse con cui gli italiani andranno sul mercato sarà sicuramente influenzata da questo. I consumatori colpiti dalla crisi potranno decidere che non è il momento adatto, rinviare la sostituzione della vettura».
Un quadro che non alimenta sorrisi.
«Certamente. Nessuna delle due problematiche può infondere ottimismo. Credo che, alla fine di quest'anno, non stapperemo champagne e non potremo ricordare questo particolare periodo come magnifico dal punto di vista del mercato».
Le vendite abbiamo capito non saranno record, ma cambierà qualcosa dal punto di vista della tipologia?
«Il 2021, se non verrà ricordato dal punto di vista dimensionale, ma cambierà ancora molto la qualità delle vendite. Continuerà ad evolversi il trend del rispetto ambientale alimentato dall’arrivo di diversi modelli nuovi e dai prezzi che diventeranno sempre più competitivi».
A cosa è dovuto?
«I volumi crescenti verranno accompagnati da una progressiva diminuzione del prezzo delle batterie. E poi ci sarà ancora l’aiuto dello Stato per vetture a bassissime emissioni. Questi due fattori faranno in modo che il numero di automobilisti che si considerano elettro-compatibili avrà un ulteriore incremento. Ogni cliente ha un profilo diverso dal punto di vista della mobilità, saranno sempre di più quelli che avranno la consapevolezza di aver superato il punto di non ritorno, di essere maturi per l’auto elettrica».
Ci può quantificare i volumi delle vetture “zero emission” nel 2021?
«Non è facile, come ho detto dipende da molti fattori. Se nel 2020, negli ultimi mesi, le elettriche hanno superato il 2%, possono notevolmente aumentare. La parte più consistente delle vendite resteranno i motori termici, ma resi più efficienti o, addirittura, ibridizzati».
Per concludere, tre suggerimenti alle istituzioni per diffondere l’auto elettrica a cui tengono tanto.
«Un trattamento fiscale diverso per allargare le vetture a batterie ai parchi delle grandi aziende, una rete di ricarica pubblica adeguata (Hpc, High power charge) per consentire l’utilizzo anche extraurbano e una semplificazione della burocrazia per installare le wall-box a casa. E poi è molto importante la comunicazione: per molti clienti l’auto elettrica sarebbe già conveniente, ma non ne sono consapevoli».