L’Italia «è fanalino di coda» in Europa per diffusione di auto elettriche: è quanto lamenta l’Unrae secondo cui nel primo bimestre del 2024 contiamo un 2,7% di elettrico puro e un 3% di ibrido plug in mentre «negli altri paesi sono a livelli decisamente superiori, addirittura a doppia cifra», pari in media al 12,5%, anche a causa di incentivi italiani molto più tardivi e meno ingenti. In un’audizione in Senato sul comparto Automotive, Andrea Cardinale dell’Unrae ha rilevato che gli incentivi sono stati introdotti in Francia da 15 anni, in Spagna da 14 anni, nel Regno Unito da 13 anni, in Germania da 8 anni e in Italia solo da 5 anni. «E dopo due anni di importi per altro abbastanza timidi in termini di importi unitari, nel 2022 gli incentivi sono stati affossati» perché sono state escluse le aziende, vero motore della transizione ecologica. Per questo in due anni sono stati infatti accumulati 600 milioni di incentivi non spesi«. Il responsabile dell’Unrae ha spiegato che i paesi leader della transizione energetica nel 2023 sono arrivati a una penetrazione del 40,4% dell’elettrico mentre l’Italia l’anno scorso si è fermata al 4,2%.
Uno dei problemi è il costo elevato delle auto e a tal proposito »il nuovo schema di incentivi messo a punto dal governo va sicuramente nella giusta direzione«, ma le modifiche sono state preannunciate a dicembre 2023, poi ufficialmente presentate a febbraio e ad oggi il Dpcm è ancora alla firma dei ministri. »Si è quindi creato l’effetto annuncio con il consumatore che sta aspettando che i nuovi incentivi diventino operativi e si è creata cosi una paralisi del mercato che sta diventando un problema sempre piu serio. Considerando quindi i tempi tecnici di tutti i prossimi passaggi della normativa, certamente abbiamo perso metà dell’anno e l’impatto effettivo di questi incentivi su quest’anno sarà estremamente limitato«. Secondo l’Unrae inoltre le infrastrutture devono essere capillari ma anche distribuite omogeneamente sul territorio nazionale perché oggi c’è un gap sostanziale tra nord e sud.
L’associazione chiede anche di prevedere per le infrastrutture private di ricarica fast un credito d’imposta del 50%. E propone infine per le auto aziendali di modulare la detraibilità dell’Iva, che oggi è al 40%, in base alle emissioni, parallelamente fare la stessa cosa con la deducibilità che oggi è al 20%, alzandone il tetto, accorciare il periodo di ammortamento e considerare detraibili anche i rimborsi per la ricarica come sono i rifornimenti di carburante per i dipendenti.