Il 2035 è una linea bianca che attraversa l’Europa. È il confine tra vecchio e nuovo mondo. Superata la quale dovremo dire addio all’auto come l’abbiamo vista finora: benzina e diesel nel polveroso libro dei ricordi, motori elettrici e batterie a farsi belli sulle strade del Vecchio continente. Ci ha pensato però la Germania a tratteggiare quella linea bianca, portando la Commissione europea ad allungare la vita dei motori tradizionali delle nuove immatricolazioni anche oltre il 2035, a patto però di alimentarli con e-fuel. Gli e-fuel sono combustibili sintetici prodotti da aria, acqua e gas di scarico, combinando idrogeno, azoto e CO2 in dei processi catalitici, nella loro formulazione chimica del tutto simili a quelli di origine fossile.
Una produzione che ha bisogno di energia di tipo rinnovabile in modo che tutto il processo sia a zero emissioni. In teoria la CO2 prodotta da un motore alimentato con e-fuel è la stessa di quella utilizzata per produrre il combustibile sintetico. Un ciclo chiuso che rende il processo neutrale in termini di CO2. Un aspetto sottolineato da Benedetto Vigna, ceo di Ferrari: «Utilizzare gli e-fuel nei nostri motori e arrivare alla neutralità in termini di carbonio entro il 2030 sono progetti molto compatibili tra loro».
Gli “elettro-combustibili” replicano l’intera gamma attuale: benzina, gasolio, metano e cherosene. Oltre a comprendere idrogeno, ammoniaca e metanolo. Possono sostituire completamente benzina e diesel senza problemi per il motore. Ad oggi non esiste un’altra tecnologia che rende possibile neutralizzare le emissioni di CO2 anche di auto esistenti con motore a combustione che, ricordiamo, solo in Europa sono quasi 240 milioni di vetture. Tanto più che i combustibili sintetici utilizzano logistica ed infrastrutture esistenti. Un’opportunità che per diventare tale deve risolvere qualche problema. Ad esempio c’è il fattore produzione: secondo uno studio pubblicato dal Nature Climate Change Journal, a parità di percorrenza, l’energia consumata per far viaggiare un veicolo con e-fuel è 5 volte superiore a quella di un’elettrica.
Ad oggi questo tipo di combustibili non è prodotto in larga scala. Il primo impianto è stato aperto a Punta Arenas in Cile nel 2021 da Porsche (all’inizio li utilizzerà nel motorsport) insieme a Siemens ed ExxonMobil, con un obiettivo di 550 milioni di litri l’anno. Altri stabilimenti sono previsti nel 2024 in Norvegia (combustibile per aeromobili). C’è da lavorare perché il 2035 non è così lontano e ipotizzare volumi in grado di dare un contributo reale alla decarbonizzazione - anche di una sola parte di veicoli - sembra un sogno. Come d’altronde la sostenibilità del prezzo, per il quale le stime sono contraddittorie: la tedesca eFuel Alliance parla di costo di produzione nel 2025 di un litro di combustibile sintetico tra 1,61 e 1,99 euro (per poi arrivare nel 2050 tra 0,70 e 1,33).
A oggi però il costo di produzione è a doppia cifra: secondo il Potsdam Institute for Climate Impact Research negli stabilimenti non commerciali sarebbe di circa 50 euro al litro. La differenza nel tempo la faranno i volumi di produzione, ma c’è il rischio che all’elitaria auto elettrica - come la definiscono i suoi detrattori - si affianchi una tecnologia che rischia di far diventare la mobilità privata ancora più esclusiva. Un’altra critica mossa ai combustibili sintetici riguarda le emissioni inquinanti: la loro combustione nei motori endotermici produce allo scarico gli stessi ossidi di azoto e particolato di benzina e gasolio. Gli e-fuel non sono l’unica alternativa all’auto elettrica. Dopo essere stati messi in un cassetto sembrano tornati alla ribalta i biocombustibili, prodotti con dei processi chimici utilizzando residui vegetali, colture agricole (non in competizione con la filiera alimentare, sottolinea chi li produce) e rifiuti organici.
La spinta ad una nuova chance per biodiesel, biometano e bioetanolo arriva dall’Italia: «Consideriamo che la previsione della Commissione dei soli carburanti sintetici rappresenti un’interpretazione troppo restrittiva, che non consente ancora una piena attuazione del principio di neutralità tecnologica per il quale l’Italia si è sempre battuta sulla base di dati tecnici e scientifici», ha dichiarato il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin. Che poi ha aggiunto: «Ci adopereremo a far considerare anche i biocarburanti tra i combustibili neutri in termini di CO2». Nel frattempo l’Europa ha dato il via libera al loro uso (miscelati) negli aerei, per le auto vedremo. A pensarci è soprattutto l’Eni che produce combustibili da sostanze di origine biologica (oli vegetali e da cucina usati, oltre a grasso animale) negli stabilimenti di Venezia e Gela.
A questi se ne potrebbe aggiungere un terzo a Livorno. La soluzione non convince tutti: «I biocarburanti da colture dedicate producono fino a 3 volte le emissioni del diesel tradizionale che dovrebbero sostituire; inoltre, a parità di output energetico, la loro produzione richiede un consumo di suolo 40 volte superiore rispetto al fotovoltaico, con cui si può alimentare la batteria di un veicolo elettrico», denuncia l’associazione T&E. Perplessità per i prodotti dai residui vegetali o rifiuti (che permettono una riduzione fino all’88% delle emissioni rispetto ai combustibili fossili) sui limiti di produzione: «Il loro uso in purezza permetterebbe di alimentare solo il 5% del veicoli circolanti in Italia», continua T&E. Alternative sì, ma con limiti tutti da risolvere.