Dopo primi 9 mesi Toyota è marchio estero numero 1 in Italia. La quota mercato è del 7,6%
Toyota investe 500 milioni di dollari nei taxi volanti di Joby Aviation
Toyota posticipa avvio produzione veicoli elettrici in Usa. Era prevista per inizio 2025
Toyota di fronte al cambio di passo per l’elettrificazione. Dopo l’anno in cui sono state presentate la nuova Yaris, la Mirai, la RAV4 plug-in hybrid e la Lexus UX 300e comincia un quinquennio che vedrà la casa giapponese accelerare su un piano che le è congeniale, come l’elettrificazione, spingendo verso l’auto elettrica a batteria, ma anche verso un nuovo modello di business basato sul ciclo di vita del prodotto. Ne abbiamo parlato con Andrea Carlucci, Director of Product and Marketing Management di Toyota Motor Europe.
Quale è il significato di Vehicle Lifecyle Value o valore del ciclo di vita del veicolo?
«L’auto elettrica è piuttosto costosa ed è complessa da un lato e lo è meno da un altro. È più complessa per la piattaforma, l’elettronica, il software, ma è meno complessa per il numero dei componenti della quale è fatta. L’idea è estrarre tutto il valore dalla batteria che è il componente più costoso e che deve durare più a lungo. Un esempio potrebbe essere utilizzare il suo valore residuo attraverso i sistemi di finanziamento. Vogliamo che la vettura rimanga con noi per il primo, il secondo e – perché no? – anche per un terzo ciclo generando valore per il cliente, per noi e per il concessionario. E solo alla fine guardare ad altri modi in cui utilizzare la batteria».
E come pensate di utilizzarla alla fine?
«Ci sono altre aree che stiamo studiando. I concorrenti fanno già qualcosa di simile, ma noi vogliamo andare oltre controllando in maniera più stretta la vita del veicolo. Anche l’aggiornamento over-the-air è un nuovo modo per generare valore, ma alla base deve esserci una piattaforma elettronica adeguata. In ogni caso, lo sviluppo delle nuove vetture deve considerare anche la sua finanziabilità».
La nuova piattaforma e-TNGA per modelli elettrici darà vita a soli 6 modelli?
«I nuovi 6 modelli elettrici saranno basati sulla e-TNGA che è una piattaforma completamente nuova e riprende nella filosofia la famiglia TNGA e il modo in cui fabbrichiamo le nostre automobili. Avremo in tutto 10 modelli ad emissioni zero, includendo anche quelli ad idrogeno e i veicoli commerciali elettrici Proace e Proace City che condividiamo con PSA. In ogni caso, buona parte dei nostri veicoli elettrici sarà basata sulla e-TNGA».
Tradizionalmente avete fornitori di batterie in Giappone e ne avete di nuovi anche in Cina. Prevedete di averne anche in Europa?
«Al momento, non è nei piani. Continuiamo a collaborare strettamente, come da sempre, con Panasonic e abbiamo altri partner come BYD e CATL, ma non prevediamo di averne altri qui in Europa».
La piattaforma e-TNGA è stata sviluppata con Subaru che ovviamente la utilizzerà. Faranno lo stesso anche altri marchi nei quali Toyota ha partecipazioni come Mazda e Suzuki?
«Quello che posso dire è che la e-TNGA è stata sviluppata da noi e da Subaru che ha portato la sua esperienza. Ovviamente Subaru la utilizzerà, ma non posso aggiungere altro al momento».
La nuova Mirai è un’auto dallo stile emozionale, che offre un’ottima qualità di guida e che vuole dare ad una tecnologia nuova un certo sapore. Pensate che vi sia spazio anche per un altro modello a idrogeno più votata alla praticità?
«Penso che il tema rivesta una certa importanza e riguarda anche BMW che è il nostro partner per l’idrogeno. Credo che dobbiamo andare avanti un passo alla volta. Vogliamo promuovere l’idrogeno ed espanderne l’applicazione più possibile. E naturalmente vogliamo evolvere ulteriormente tale tecnologia. La Caetanobus sta già costruendo bus a idrogeno con i nostri stack, utilizzati anche da imbarcazioni come l’Energy Observer. Noi crediamo fermamente nell’idrogeno e vogliamo che susciti appetito offrendo soluzioni per tutte le tipologie di trasporto, in particolare per quelle in cui è difficile lavorare sulle emissioni. La questione dell’infrastruttura è però cruciale, ancora più critica in Italia, ma se vogliamo rendere la Mirai un’auto che si può vendere e utilizzare, è indispensabile. Per quanto ci riguarda, dobbiamo cominciare dalla Mirai e fare un passo dopo l’altro».
Il fattore inaspettato dell’idrogeno è il denaro. A parità di costo, nessuno forse si sarebbe aspettato che le auto fuel cell sarebbero costate meno di un’elettrica, a parità di dimensioni ed autonomia. Questo vantaggio sulle batterie sarà mantenuto in futuro o scenderà con le economie di scala?
«Credo che nessuno sappia fino a che punto si potranno raggiungere economie di scala per le batterie. Dipende anche dal costo delle materie prime. Quello che è sicuro è che l’idrogeno può raggiungere economie di scala non solo attraverso l’automobile, ma tutte le sue applicazioni possibili. Sappiamo che l’idrogeno non è la tecnologia ideale per le auto piccole e lo abbiamo sempre detto. Ma è invece ideale per i grandi mezzi e offre una stabilità di prestazione superiore. Guido la nuova Mirai ogni giorno per Bruxelles e sulle stesse strade ho guidato anche auto elettriche. Con questi climi la differenza è evidente. Questo è molto importante per il cliente e il guidatore. Anche in questo l’idrogeno ha una potere intrinseco nel quale noi crediamo».
Parliamo di un’altra auto rilevante per il nostro mercato. L’attuale Aygo è presumibilmente alla fine del ciclo e la nuova sta per arrivare. Sarà ibrida o no?
«Il segmento dell’Aygo è difficile e molti concorrenti stanno fuggendo perché è difficile restarci in modo sostenibile. La notizia dunque è che noi rimaniamo in questo segmento. Non posso dire che tipo di propulsione avrà, ma lo scopriremo nel corso del prossimo anno. Posso dire invece che Toyota ha sempre voluto dare ai clienti soluzioni accessibili, a maggior ragione in un periodo come questo e pensiamo che tale capacità sia un forte vantaggio competitivo per noi».
La domanda per la mobilità condivisa è fortemente decresciuta a causa della pandemia. Tale fattore sarà rilevante per una car company che si sta trasformando in una mobility company o il ritmo del cambiamento sarà mantenuto?
«Non sono la persona più indicata per rispondere. Posso però osservare che, a causa del Covid, ma non solo, la mobilità condivisa ha perso di priorità. Penso anzi che questa crisi abbia accelerato il percorso verso una presa d’atto e lo spostamento verso altri temi come l’elettrificazione e la connettività. Noi siamo un grande compagnia che si dà piani solidi e di lungo termine. Qualcuno dei nostri concorrenti, inizialmente più entusiasta di noi della mobilità condivisa, ne è uscito, mentre noi no e continuiamo il nostro viaggio al nostro ritmo verso l’obiettivo che ci siamo dati. Vogliamo essere una mobility company, ma dando soluzioni concrete, non come esercizio teorico e concettuale. Vedo la crescita della micromobilità, anche condivisa e penso che il momento offra molte opportunità per rimodulare la nostra offerta, soprattutto nella grandi aree urbane e verso le persone che hanno difficoltà di mobilità».
Qual è la situazione di Toyota rispetto agli obiettivi di CO2 dei 95 g/km e come può cambiare lo scenario se venissero inaspriti ulteriormente i limiti previsti per il 2030?
«Presso le istituzioni si discute di alzare la diminuzione della CO2 dal 37,5% al 50%. Questo potrebbe accelerare la transizione verso le zero emissioni. Ma credo anche che bisogna prestare attenzione alla dimensione del mercato ed è difficile prevederla. Ecco perché è così importante gestire il valore nel ciclo di vita del veicolo e la sostenibilità per l’ambiente deve andare insieme a quella di business. La difficoltà maggiore dopo il 2025 sarà creare valore per l’intera catena, compresi i concessionari. Secondo Toyota avranno ancora un ruolo centrale anche nella trasformazione da car company a mobility company. Le regole sono regole e noi non le discutiamo, siamo pronti ad adeguarci. La seconda sfida è l’Euro7 sulle emissioni inquinanti. L’iter non è stato concluso, ma fisserà sicuramente obiettivi impegnativi e, insieme a quelli sulla CO2, condizionanti per un costruttore che deve costruire l’offerta di mobilità per il futuro».
L’ultima domanda è sulle competizioni, sempre più elettrificate. Il quadro sta cambiando di giorno in giorno. Per Toyota è sufficiente impegnarsi ai massimi livelli nelle gare di durata, nei rally e alla Dakar o vuole esplorare nuove categorie e nuove tecnologie con l’obiettivo di costruire auto sempre migliori?
«Per ora rimaniamo dove siamo. Come Gazoo Racing abbiamo elevato l’impegno nella Dakar a livello globale. Le regole nel WRC nel 2022 non sono ancora chiare, per la Dakar si parla di idrogeno dal 2026 e anche il WEC sta andando in quella direzione. Noi continueremo ad essere parte attiva del Motorsport contribuendo a costruire i nuovi regolamenti in base a due princìpi. Il primo è lo spirito autentico delle competizioni che per Toyota è “le corse fanno le persone e le persone fanno le automobili”. Il secondo è arrivare al cuore delle persone. Penso che troveremo le giuste soluzioni per unire la passione e il divertimento con il progresso tecnologico che riguarda l’ibrido, l’elettrico, l’ibrido plug-in e l’idrogeno».