La nautica italiana è un settore in piena salute, e tuttavia costretto a fare i conti con un problema irrisolto da anni: l’assoluta inadeguatezza della portualità turistica. Un problema che compromette l’ulteriore sviluppo del settore, soprattutto in alcuni territori potenzialmente ideali per la crescita del turismo nautico e, di conseguenza, per la crescita dei territori costieri e dell’entroterra. Per approfondire le cause del problema ed esaminare le possibili soluzioni si sono svolti, a distanza di una settimana, due eventi paralleli: uno a Napoli, organizzato da Afina (Associazione Filiera Italiana della Nautica) nell’ambito del Nauticsud, che ha focalizzato l’attenzione in particolare sul caso Napoli, città di mare priva di un vero porto turistico e costretta ogni estate a fare i conti con il dilagare degli ormeggi abusivi; l’altro a Roma, organizzato da Assonat (Associazione Nazionale Approdi e Porti Turistici) presso la Sala Longhi di Unioncamere.
Nei due quasi omonimi appuntamenti (uno denominato Stati Generali della Nautica, l’altro Stati Generali della Portualità Turistica Italiana) sono intervenuti diversi operatori ed esperti del settore, ai quali è stata data l’opportunità di confrontarsi con esponenti del Governo Meloni quali il ministro delle Politiche del Mare Nello Musumeci, del Turismo Daniela Santanchè, delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso. Se arriveranno soluzioni ai problemi messi in evidenza nei due convegni, potrà dirlo solo il tempo. Nel frattempo, le due occasioni di riflessione hanno fatto emergere un dato confortante: anche ai piani alti della politica c’è consapevolezza della gravità del problema e si profila la possibilità di avviare a soluzione le questioni aperte.
Degli Stati Generali svoltisi a Napoli nell’ambito del Nauticsud abbiamo riferito ampiamente su questo sito. A Roma l’argomento è stato approfondito focalizzando l’attenzione sul Piano Strategico della portualità turistica italiana 2025-2027 avviato nel 2023 e che si concluderà entro quest’anno. Tra i principali temi emersi, la mancanza di una legislazione specifica di riferimento della portualità turistica italiana, non contenuta nemmeno nel recente Codice della nautica da diporto né nella legge 84/94 (non contiene disposizioni che si riferiscano specificatamente ai porti turistici, occupandosi solo di porti commerciali).
Nel corso dei lavori è emerso che manca anche una nozione legislativa di cosa sia un porto (con le implicazioni di natura giuridica e pratica che ne derivano). I porti turistici, infatti, non hanno mai ricevuto una trattazione unitaria nel nostro ordinamento e il quadro normativo è estremamente frammentario. Perciò dai lavori svoltisi a Roma è emersa la necessità di una riforma della portualità turistica, che risponda all’evoluzione che il settore ha vissuto dagli anni 60 e che accompagni le imprese verso una riqualificazione delle strutture esistenti.
“Il recente Piano del mare – ha sottolineato il presidente di Assonat-Confcommercio Luciano Serra parlando a una platea formata dai rappresentanti di oltre 120.000 posti barca sui 163.000 totali italiani - ha dato evidenza in maniera significativa alla rinnovata attenzione verso l’economia del mare italiana, tracciando un primo importante solco lungo il quale incardinare azioni concrete di rilancio dell’intera filiera. Il sistema dei porti turistici italiani – ha aggiunto – ha la necessità di raccogliersi intorno a un piano che tracci la direzione per competere nei mercati nazionali e internazionali e rispondere così alle tante sfide che li vedono oggi impegnati, a partire dalle nuove frontiere del networking, della transizione energetica e digitale e della fiscalità”.
Secondo il numero uno dell’associazione “presupposto essenziale, accennato per la prima volta in Italia proprio nel Piano del Mare del ministro Musumeci, è la necessità di dare la giusta evidenza alla specificità della portualità turistica quale settore economico capace di sostenere lo sviluppo economico, sociale, culturale e turistico del nostro Paese e di attrarre importanti investimenti nazionali e internazionali. La frammentarietà e l’assenza di organicità degli interventi legislativi che si sono succeduti nel tempo – ha concluso il presidente di Assonat - e, soprattutto, la mancata considerazione della importanza strategica delle strutture dedicate alla nautica da diporto, rendono ormai indispensabile un intervento normativo unitario e specifico”.
Il dibattito ha visto i contributi di Gino Sabatini, vice presidente di Unioncamere, di Giovanni Acampora, presidente di Assonautica Italiana, Marco Machetta, responsabile area legislativa di Assonat-Confcommercio, Cesare d’Amico, presidente ITS Academy Fondazione “G. Caboto”, Vincenzo Poerio, presidente di Fondazione ISYL, e Gian Battista Borea d’Olmo, amministratore Cala del Forte di Ventimiglia e di numerosi porti turistici, approdi e punti di ormeggio.
Tutti gli addetti ai lavori sono d’accordo sulla necessità di affrontare il problema della portualità turistica, che può rappresentare non solo una occasione di ulteriore sviluppo della nautica da diporto italiana, ma anche, se non soprattutto, una occasione di sviluppo del turismo, quel turismo che non si limita all’approdo in un porto, ma alla scoperta dei valori del territorio costiero e dell’entroterra, con opportunità insospettabili per i servizi, il commercio, la ristorazione, i trasporti, la cultura.
In proposito, vale la pena ricordare ciò che ha detto, in occasione dei recenti Stati Generali della nautica svoltisi a Napoli, Renato Marconi, amministratore delegato e fondatore del Gruppo Marinedi, primo network di marina nel Mediterraneo, con circa 6.000 posti barca in 14 basi operative.
“I porti turistici – sostiene l’esperto – hanno un impatto positivo sul territorio non solo a livello economico, ma anche sociale. Il porto turistico ha una importante interazione con i piccoli centri o le piccole isole, come Salina. Per prima cosa è una piazza sul mare per gli abitanti che vivono nel territorio e che trovano nel porto un interessante luogo d’incontro; inoltre, ogni marina è una porta aperta per i diportisti e questo rappresenta un vantaggio importante per lo sviluppo dell’economia locale”.
“Quando si parla di marina resort – osserva ancora Marconi - si intendono porti turistici che offrono tra i 400 e 1000 posti barca, che soprattutto d’estate attraggono tra le 4.000 e le 10.000 persone al giorno. Questo significa che il territorio sotteso al porto turistico ha l’opportunità di ospitare nuovi visitatori che generalmente portano ricchezza. Dai nostri studi è emerso che ogni euro speso nel porto turistico corrisponde a tre euro spesi nel territorio, in quanto i visitatori vogliono esplorare la zona, visitare i beni culturali che essa offre, andare al ristorante”.
Secondo il numero uno di Marinedi, dunque, “con un giro d’affari del mare tra i tre e i sei milioni di euro all’anno, il territorio beneficia di un ritorno economico compreso tra i 9 e i 18 milioni di euro all’anno. Per le piccole cittadine tra i 4000 e i 5000 abitanti questa diventa normalmente l’industria più rilevante. Inoltre, è importante considerare che le barche hanno bisogno di protezione e manutenzione tutto l’anno, perciò è un giro d’affari che non si conclude solamente nei mesi estivi, ma è presente anche per il resto dell’anno, seppur in maniera ridotta”.
Tra le altre considerazioni di Marconi, in Italia andrebbe valutata anche la necessità di attrezzarsi per ricevere i grandi super yacht e mega yacht, ovvero le navi da diporto lunghe anche più di 100 metri che non hanno alcuna possibilità di ormeggiare in alcuni splendidi luoghi del Sud come la Sicilia. Eppure sono proprio le strutture ricettive attrezzate per imbarcazioni di questo calibro le più idonee a procurare ritorni importanti per il territorio”.
Nel successivo incontro romano il Ceo e fondatore del Gruppo Marinedi ha poi raccolto l’invito del ministro per le Politiche del Mare, Nello Musumeci, a mettere il governo nelle condizioni di potere analizzare quali sono le maggiori esigenze avvertite da chi gestisce i porti turistici, aiutando così a definire gli obiettivi concreti sui quali lavorare. E nel suo intervento ha invitato tutti gli addetti ai lavori “a spingere per l’applicazione del Piano del mare, un documento di indirizzo ricco di spunti interessanti per il settore, soprattutto dal punto di vista della semplificazione burocratica. In questo momento – ha aggiunto Marconi - in Italia stiamo osservando uno straordinario interesse di investitori stranieri, che spesso subentrano a imprenditori italiani stanchi e consumati dalla burocrazia. Il governo dovrebbe assicurarsi che questo non accada più, mettendo in chiaro come questo settore porti all’Italia grande visibilità, grande forza e indotto economico”.