I biocarburanti non rappresentano al momento un'alternativa «affidabile e credibile» all'elettrico per la transizione delle auto in Europa. A sottolinearlo è la Corte dei conti Ue che ha raccolto in un unico parere le osservazioni elaborate negli ultimi due anni sulla strategia dell'Ue per abbattere le emissioni delle auto entro il 2050. Per convertire il settore, è necessario diminuire le emissioni di carbonio prodotte dai motori endotermici, come diesel e benzina, esplorare le opzioni di combustibili alternativi e favorire la diffusione dei veicoli elettrici sul mercato di massa. Ma vista la difficoltà ad abbattere le emissioni di CO2 dei motori a combustione interna, secondo i revisori dei conti di Lussemburgo, «i veicoli a batteria sembrano essere l'unica alternativa possibile».
In particolare, la Corte si è soffermata sul ruolo dei biocarburanti, su cui in particolare l'Italia si è impegnata nei mesi scorsi per il ruolo che potrebbero giocare nella transizione dopo il 2035, quando in Ue si applicherà il divieto alla vendita di auto con motori tradizionali. L'assenza di una «tabella di marcia chiara e stabile» da parte dell'Ue non consente di trovare soluzioni ad alcune problematiche che ne frenano la diffusione, dalla quantità di combustibile da biomassa disponibile, ai costi - dal momento che sono più cari di quelli a base di carbonio - e alla compatibilità ambientale, che la Corte definisce «sovrastimata». «Non essendo disponibili su vasta scala, i biocarburanti non possono rappresentare un'alternativa affidabile e credibile per le nostre auto», evidenzia Nikolaos Milionis, membro della Corte.
Anche sul fronte dell'elettrico - individuato come il futuro per l'automotive - i revisori di Lussemburgo osservano che sia dal lato della domanda che da quello dell'offerta persistono «problemi», con il conseguente rischio di una contrapposizione tra la strategia del Green Deal e la sovranità industriale dell'Ue. In particolare, sottolineano, l'industria europea delle batterie è «in ritardo» rispetto ai concorrenti globali, con una quota di meno del 10% della produzione mondiale di batterie localizzata in Europa. A frenare l'industria è «l'eccessiva dipendenza» dalle importazioni di risorse da paesi terzi, come la Cina. Ma tra gli ostacoli alla diffusione dei veicoli elettrici vi è anche la scarsa quantità di punti di ricarica - che rende difficile raggiungere l'obiettivo di 1 milione di colonnine entro il 2025 - e l'ampia differenza di disponibilità di stazioni di ricarica da Paese a Paese nei Ventisette. La Corte conclude che è «necessario intervenire con urgenza per garantire che l'industria europea possa produrre auto elettriche su larga scala a prezzi competitivi, assicurando al contempo l'approvvigionamento di materie prime e potenziando le infrastrutture di ricarica in tutto il continente».
Gli obiettivi per una mobilita pulita nell'Ue non appaiono ne alla portata ne praticabili. Lo rileva la Corte dei conti dell'Ue, nel parere sulla politica di sostenibilita dell'Unione europea. Per azzerare le emissioni al 2050, spiegano i revisori di Lussemburgo, «e necessario diminuire le emissioni di carbonio prodotte dalle autovetture a motore endotermico, esplorare le opzioni di combustibili alternativi e favorire la diffusione dei veicoli elettrici sul mercato di massa». Tuttavia «il primo punto non si e finora concretizzato, il secondo risulta non essere sostenibile su vasta scala e il terzo rischia di essere costoso sia per l'industria che per i consumatori dell'Ue».